Author : E. Redazione

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2017 N 42

Echi Di Vita N°42 – AL BANCHETTO DEL RE NON PERSONE PERFETTE MA IN CAMMINO!

In città, una grande festa: si sposa il figlio del re, l’erede al trono, eppure nessuno sembra interessato; nessuna almeno delle persone importanti, quelli che possiedono terreni, buoi e botteghe. È la fotografia del fallimento del re. Che però non si arrende al primo rifiuto, e rilancia l’invito. Come mai di nuovo nessuno risponde e la festa promessa finisce nel sangue e nel fuoco? È la storia di Gesù, di Israele, di Gerusalemme.

Allora disse ai suoi servi: andate ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. Per la terza volta i servi ricevono il compito di uscire, a cercare per i crocicchi, dietro le siepi, nelle periferie, uomini e donne di nessuna importanza, basta che abbiano fame di vita e di festa. Se i cuori e le case si chiudono, il Signore, che non è mai a corto di sorprese, apre incontri altrove. L’ordine del re: tutti quelli che troverete chiamateli alle nozze. Tutti, senza badare a meriti, razza, moralità.

L’invito esprime la precisa volontà di raggiungere tutti, nessuno escluso.

Dai molti invitati passa a tutti invitati, dalle persone importanti passa agli ultimi della fila: fateli entrare tutti, cattivi e buoni. Addirittura prima i cattivi e poi i buoni, senza mezze misure, senza bilancino, senza quote da distribuire.

Il Vangelo mostra che Lui non cerca uomini perfetti, non esige creature immacolate, ma vuole uomini e donne incamminati, anche col fiatone, anche claudicanti, ma in cammino.

Il re entrò nella sala. Noi pensiamo Dio lontano, separato, e invece è dentro la sala della vita, in questa sala del mondo, è qui con noi, uno cui sta a cuore la gioia degli uomini, e se ne prende cura; è qui, nei giorni delle danze e in quelli delle lacrime, insediato al centro dell’esistenza, nel cuore della vita, non ai margini di essa. E si accorge che un invitato non indossa l’abito delle nozze. Tutti si sono cambiati d’abito, lui no; tutti anche i più poveri, non so come, l’hanno trovato, lui no; lui è come se fosse rimasto ancora fuori dalla sala. È entrato, ma non credeva a una festa. Non ha capito che si fa festa in cielo per ogni peccatore pentito, per ogni figlio che torna, per ogni mendicante d’amore. Non crede che Dio mostri il suo volto di padre e che amava banchetti aperti per tutti! E noi?

Don Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2017 N 41

Echi Di Vita N°41 – NELLA VIGNA DEL SIGNORE SI RACCOGLIE GIUSTIZIA E PACE

Quale raccolto si attende il Signore da noi? Isaia: Aspettavo giustizia, attendevo rettitudine, non più grida di oppressi, non più sangue! Il frutto che Dio attende è una storia che non generi più oppressi, sangue e ingiustizia, fughe disperate e naufragi. Nelle vigne è il tempo del raccolto. Per noi lo è ogni giorno: vengono persone, cercano pane, Vangelo, giustizia, coraggio, un raggio di luce.

Che cosa trovano in noi? Vino buono o uva acerba?
La parabola cammina però verso un orizzonte di amarezza e di violenza. In contrasto con la bassezza dei vignaioli emerge la grandezza del mio Dio contadino, un Signore che non si arrende, non è mai a corto di meraviglie, non ci molla e ricomincia dopo ogni rifiuto ad assediare il cuore con nuovi Profeti e servitori, e infine con il Figlio.

Costui è l’erede, uccidiamolo e avremo noi l’eredità! La parabola è trasparente: la vigna è Israele, i vignaioli avidi sono le autorità religiose, che uccideranno Gesù come bestemmiatore.

Il movente è lo stesso: l’interesse, potere e denaro, tenersi il raccolto e l’eredità! È la voce oscura che grida in ciascuno: sii il più forte, il più furbo, non badare all’onestà, e sarai tu il capo, il ricco, il primo. Questa ubriacatura per il potere e il denaro è l’origine di tutte le vendemmie di sangue della terra.

Cosa farà il padrone? La risposta delle autorità è secondo logica giudiziaria: una vendetta esemplare, nuovi vignaioli, nuovi tributi. La loro idea di giustizia si fonda sull’eliminare chi sbaglia. Gesù non è d’accordo. Lui non parla di far morire, mai; il suo scopo è far fruttificare la vigna: sarà data a un popolo che produca frutti.

La storia perenne di amore e tradimenti tra Dio e l’uomo non si concluderà né con un fallimento né con una vendetta, ma con l’offerta di una nuova possibilità: darà la vigna ad altri. Tra Dio e l’uomo le sconfitte servono solo a far meglio risaltare l’amore di Dio. Il sogno di Dio non è né il tributo finalmente pagato né la condanna a una pena esemplare per chi ha sbagliato, ma una vigna, un mondo che non maturi più grappoli rossi di sangue e amari di lacrime, che non sia una guerra perenne per il potere e il denaro, ma che maturi una vendemmia di giustizia e di pace, la rivoluzione della tenerezza, la triplice cura di sé, degli altri e del creato.

Don Alfredo Di Stefano

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Echi 38 2017

Echi Di Vita N°40 – DISCEPOLI NEI FATTI, NON A PAROLE!

«Un uomo aveva due figli», e si potrebbe tradurre così: un uomo aveva due cuori. Siamo tutti così, contradditori e incerti, con due cuori: uno che dice sì e uno che lo contraddice.

Abbiamo tutti due anime: quella dell’apparire e del fingere per gli altri, e quella dell’essere veri anche se nessuno vede e sa.

Gesù conosce bene come siamo fatti: non esiste un terzo figlio ideale, in cui senza contraddizioni avvenga l’incontro perfetto del dire e del fare.

Primo attore della breve parabola è il padre, che va’ verso i suoi figli, si fa vicino, li cerca, chiede loro di lavorare in una vigna. C’è poi un figlio vivo e reattivo, impulsivo, che prima di aderire a suo padre prova il bisogno imperioso, vitale, di fronteggiarlo, di misurarsi con lui, di contraddirlo, che non ha nulla di servile, libero da sudditanze e da paure. L’altro figlio, che dice e non fa’, è invece un adolescente immaturo, che si accontenta di apparire, cui importa non la verità e la coerenza ma il giudizio degli altri. Qualcosa poi accade e viene a disarmare il rifiuto del figlio che ha detto no.

Tutto in una parola: ‘ si pentì’, cioè ‘cambiò il modo di vedere’ il padre e il lavoro.

La differenza decisiva tra i due ragazzi: uno diventa figlio e coinvolto, l’altro rimane un servo esecutore di ordini. Chi dei due ha fatto la volontà del padre? È il passaggio centrale: volontà di Dio non è mettere alla prova l’obbedienza o la coerenza dei figli, è invece una vigna dai grappoli. Il suo progetto si realizza nei frutti buoni che ognuno può portare per la vita del mondo.

Ciò che Dio sogna non è l’obbedienza o la fatica, ma far maturare la vigna della storia. Se agisci così fai vivere te stesso, fai viva la tua vita! E il vangelo si diffonderà a partire da tutte le piccole vigne nascoste, dove ciascuno si impegna a rendere meno arida la terra, meno soli gli uomini, meno contraddittorio il cuore.

Don Alfredo Di Stefano

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Echi 38 2017

Echi Di Vita N°39 – AMARE IN «PERDITA», ECCO L’ECONOMIA DEL SIGNORE!

Il Vangelo è pieno di vigne e di vi . La vigna è, tra tutti, il campo più amato, in cui il contadino investe più lavoro e più passione, gioia e fa ca, sudore e poesia.

Vigna di Dio e suoi operai siamo noi.

Un padrone esce all’alba in cerca di lavoratori, e lo farà per ben cinque volte, fino quasi al tramonto, pressato da un mo vo che non è il lavoro, tantomeno la sua incapacità di calcolare le braccia necessarie. C’è dell’altro: Perché ve ne state qui tutto il giorno senza fare niente?

Il padrone si interessa e si prende cura di quegli uomini, più ancora che della sua vigna. Qui seduti, senza far niente: il lavoro è la dignità dell’uomo.
Un Signore che si leva contro la cultura dello scarto!

E poi, il cuore della parabola: il momento della paga.
Primo gesto contromano: cominciare dagli ul mi, che hanno lavorato un’ora soltanto.
Secondo gesto contro logica: pagare un’ora soltanto di lavoro quanto una giornata di dodici ore.
Il nostro Dio è differente, non è un padrone che fa di conto e dà a ciascuno il suo, ma un signore che dà a ciascuno il meglio, che estende a tutti il miglior dei contratti. Un Dio la cui prima legge è che l’uomo viva. Non è ingiusto verso i primi, è generoso verso gli ultimi.

Dio non paga, dona. È il Dio della bontà senza perché, che trasgredisce tu&e le regole dell’economia, che sa ancora saziarci di sorprese, che ama in perdita. Anzi la nostra più bella speranza è un Dio che non sa far di conto: per lui i due spiccioli della vedova valgono più delle ricche offerte dei ricchi; per quelli come lui c’è più gioia nel dare che nel ricevere: il bisogno prima dei miei meri .

Quale vantaggio c’è, allora, a essere operai della prima ora? Solo un supplemento di fatica?

Il vantaggio è quello di aver dato di più alla vita, di aver fatto fruttificare di più la terra, di aver reso più bella la vigna del mondo.

Ti dispiace che io sia buono? Da Dio noi cosa abbiamo bisogno? Di una paga, di grandi vigne da coltivare, grandi campi da seminare, o la promessa che una goccia di luce è anche nel cuore vivo del mio ultimo minuto?

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Echi 38 2017

Echi Di Vita N°38 – QUANTE VOLTE DOVREMO PERDONARE AI NOSTRI FRATELLI?

«Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette», cioè sempre. L’unica misura del perdono è perdonare senza misura. Perché vivere il vangelo di Gesù non è spostare un po’ più avanti i paletti della morale, del bene e del male, ma è la lieta notizia che l’amore di Dio non ha misura. Perché devo perdonare? Perché devo rimettere il debito? Perché cancellare l’offesa di mio fratello? La risposta è molto semplice: perché così fa Dio; perché il Regno è acquisire per me il cuore di Dio e poi immetterlo nelle mie relazioni.

Gesù lo dice con la parabola dei due debitori. Il re non è il campione del diritto, ma il modello della compassione: sente come suo il dolore del servo, lo fa contare più dei suoi diritti. Il dolore pesa più dell’oro.

Il servo perdonato, «appena uscito», trovò un servo come lui che gli doveva qualche denaro. «Appena uscito»: non una settimana dopo, non il giorno dopo, non un’ora dopo. «Appena uscito», ancora immerso in una gioia insperata, appena liberato, appena restituito al futuro e alla famiglia. Appena dopo aver fatto l’esperienza di come sia grande un cuore di re, «presolo per il collo, lo strangolava gridando: ‘Ridammi i miei centesimi’», lui perdonato di miliardi!

In fondo, era suo diritto, è giusto e spietato. L’insegnamento della parabola è chiaro: rivendicare i miei diritti non basta per essere secondo il vangelo. La giustizia non basta per fare l’uomo nuovo.

«Non dovevi forse anche tu aver pietà di lui, così come io ho avuto pietà di te?» Non dovevi essere anche tu come me? Questo è il motivo del perdonare: fare ciò che Dio fa. Acquisire il cuore di Dio, per immettere la divina eccedenza dentro i rapporti ordinati del dare e dell’avere.

Perdonare significa – secondo l’etimologia del verbo greco aphíemi – lasciare andare, lasciare libero, troncare i tentacoli e le corde che ci annodano malignamente in una reciprocità di debiti. Assolvere significa sciogliere e dare libertà. La nostra logica ci imprigiona in un labirinto di legami. Occorre qualcosa di illogico: il perdono, fino a settanta volte sette, fino a una misura che si prende gioco dei nostri numeri e della nostra logica, fino ad agire come agisce Dio.

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Echi 37 2017

Echi Di Vita N°37 – AMMONIRE E PERDONARE PER “GUADAGNARE” UN FRATELLO!

 

Il perdono non consiste in una emozione, ma in una decisione. Non nasce come evento improvviso, ma come un percorso, ciò che papa Francesco sta annunciando nel suo viaggio in Colombia.

La portata scandalosa del perdono, ciò che va contro tutti i nostri istinti, sta nel fatto che è la vittima che deve convertirsi, non colui che ha offeso, ma colui che ha subito l’offesa.

Difficile, eppure il Vangelo assicura che è una possibilità offerta all’uomo, per un futuro risanato, perché rattoppa incessantemente il tessuto continuamente lacerato delle nostre relazioni.

Gesù indica un percorso in 5 passi.

Il primo è il più esigente: tu puoi intervenire nella vita di un altro e toccarlo nell’intimo, non in nome di un ruolo o di una presunta verità, ma solo se ha preso carne e sangue dentro di te la parola fratello, come afferma Gesù: se tuo fratello pecca…

Solo la fraternità reale legittima il dialogo. Quello vero: non quello politico, in cui si misurano le forze, ma quello evangelico in cui si misurano le sincerità. Il secondo momento: dopo aver interrogato il cuore, tu va’ e parla, tu fa il primo passo, non chiuderti in un silenzio ostile, non fare l’offeso, ma sii tu a riallacciare la relazione. Se ti ascolta, avrai guadagnato tuo fratello.

Verbo stupendo: guadagnare un fratello. Il fratello è un guadagno, un tesoro per te e per il mondo. Investire in fraternità è l’unica politica economica che produce vera crescita.

Poi gli altri passi: prendi con te una o due persone, infine parlane alla comunità. E se non ascolta sia per te come il pagano e il pubblicano. Un escluso, uno scarto? No. Con lui ti comporterai come ha fatto Gesù, che siede a mensa con i pubblicani per annunciare la bella notizia della tenerezza di un Dio chino su ciascuno dei suoi figli.

Tutto quello che legherete o che scioglierete sulla terra, lo sarà anche in cielo.

Ecco il potere conferito a tutti i fratelli di diventare presenza che annulla il male, con gesti che vengono da Dio: perdonare i nemici, trasfigurare il dolore, immedesimarsi nel prossimo.

Infatti: ciò che scioglierete avrà libertà per sempre, ciò che legherete avrà comunione per sempre.

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2017 N 36

Echi Di Vita N°36 – PRENDERE LA CROCE PER TROVARE LA VITA

Termina il percorso sulle strade lungo le sponde del lago, e all’orizzonte ecco Gerusalemme.

Per la prima volta si profila la follia della croce. Dio sceglie di non assomigliare ai potente. Potere vero per lui è amare, è
la supremazia della tenerezza e i poteri del mondo saranno impotente contro di essa: il terzo giorno risorgerà.

È una cosa tanto inedita e sconvolgente che Pietro la rifiuta: nella logica umana scegliere di stare dalla parte delle vittime, dei deboli, significa esautorarsi di ogni potere.

Gesù allora lo invita a entrare in questa rivoluzione, ad aprirsi al nuovo che irrompe per la prima volta nella storia: «Pietro, torna a me er dietro di me, riprendi ad essere discepolo».

Non è solo Pietro a seguire questa logica, ma tu$ i discepoli.

E allora Gesù allarga a tu$ lo stesso invito: Se qualcuno vuole venire dietro a me… e de-a le condizioni. Quali?

La prima: rinnegare se stesso. Parole pericolose se capite male. Rinnegare se stessi non vuol dire mortificarsi, buttare via i talenti. Gesù non vuole dei frustrati al suo seguito, ma gente dalla vita realizzata. Rinnega
te stesso vuol dire: non sei tu il centro dell’universo. Non una mortificazione, ma una liberazione.
Seconda condizione: Prendi la tua croce e seguimi. Una delle frasi più celebri, più citate e più fraintese
del vangelo, che abbiamo interpretato come esortazione alla rassegnazione: soffri con pazienza, accetta, sopporta le inevitabili croci della vita. Ma Gesù non dice «sopporta», dice «prendi». Non è Dio che manda la croce. È il discepolo che la prende, attivamente.
La croce nel Vangelo indica la follia di Dio, la sua lucida follia d’amore, amore fino a morirne.

Sostituiamo croce con amore, ed ecco: se qualcuno vuole venire con me, prenda su di sé il giogo dell’amore, tutto l’amore di cui è capace e mi segua.

Quindi la parola centrale del brano: Chi perderà la propria vita così, la troverà.

Ci hanno insegnato a mettere l’accento sul perdere la vita. Ma se l’ascolto bene, sente che l’accento
non è posto sul perdere, ma sul trovare.

Seguimi, cioè vivi una esistenza che assomigli alla mia, e troverai la vita, realizzerai pienamente la tua esistenza. L’esito finale è «trovare vita». Quella cosa che tu$ gli uomini cercano, in tu$ gli angoli della terra, in tutti i giorni che è dato loro di vivere: realizzare pienamente se stessi.

E Gesù ne possiede la chiave. Perdere per trovare. È la legge della fisica dell’amore: se dai ti arricchisci, se trattieni ti impoverisci. Noi siamo ricchi solo di ciò che abbiamo donato. Guardiamo le nostre famiglie!

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ECHI DI VITA 2017 N°35

Echi Di Vita N°35 – L’UOMO SI SALVA FACENDO LE COSE DI DIO

Cosa dice la gente? E voi che cosa dite? Gesù usa il metodo delle domande per far crescere i suoi amici. Le domande di Gesù nel Vangelo hanno davvero una funzione importanttissima, non sono interrogazioni di catechismo, ma scintille che accendono qualcosa, mettono in moto trasformazioni e crescite.
Ma voi che cosa dite? Non c’è una risposta già scri!a da qualche
parte, con un contenuto da apprendere e da ripetere. Le sue domande assomigliano semmai di più alle domande che si fanno gli innamorati: chi sono io per te? E l’altro risponde: Sei la mia donna, il mio uomo, il mio amore, la mia vita.
E per voi, miei amici, che ho scelto uno per uno, chi sono per voi?
Ciò che Gesù vuole sapere dai discepoli di sempre è se sono innamorati, se gli hanno aperto il cuore.
Cristo è vivo solo se è vivo dentro di noi. Il nostro cuore può essere culla o tomba di Dio.
Pietro risponde: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente.
Il Cristo… non un nome proprio, ma un a!ributo che indica l’origine e il compito di Gesù e rimanda
subito oltre lui: sei la mano di Dio nella storia.
Il Figlio di Dio… Tu sei entrato in Dio pienamente e Dio è entrato in te totalmente. E ora tu fai le cose
che solo Dio fa’, nelle tue dita è lui che accarezza il mondo.
… del Dio vivente, di Colui che fa viva la vita, il miracolo che la fa fiorire. Il Vivente è grembo gravido di
vita, fontana da cui la vita sgorga inesauribile e illimitata.
Beato te, Simone… tu sei roccia, a te darò le chiavi del regno; ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto
nei cieli..
Non solo Pietro, ma chiunque professi la sua fede o0ene questo potere. Il potere di perdonare i peccato non è il potere giuridico dell’assoluzione. È invece il potere di diventare una presenza trasfigurante
anche nelle esperienze più squallide e impure e alterate dell’uomo, compiendo il cammino dalla nostra
povertà originaria verso una divina pienezza, per essere immagine e somiglianza di Dio, «figli di Dio».
Interiorizzare Dio e fare le cose di Dio: questa è la salvezza.
Gesù dice a ogni discepolo: nessuna tua azione resta senza eco nel cielo, il tuo istante si apre sull’eterno,
l’eterno si insinua nell’istante.
Tutti siamo chiamati ad essere roccia che trasme!e solidità, forza e coraggio a chi ha paura. Tutti siamo
chiamati ad essere chiave che apre le porte belle di Dio, che può socchiudere le porte della vita in
pienezza.