Nessuno può venire a me se il Padre non lo attira.
Non si diventa cristiani se non per questa attrazione, non certo per via di indottrinamento o di crociate. Io sono cristiano per attrazione: mi attira un Dio buono come il pane, umile come il pane, energia inesauribile che alimenta la vita, ogni vita, tutta la vita. Si dà e scompare.
Il verbo di questo Vangelo è «mangiare». Così semplice, quotidiano, vitale. Che indica cento cose, ma la prima è vivere. Mangiare è questione di vita o di morte. Dio è così: una questione di fondo. Ne va della tua vita.
Il segreto, il senso ultimo nel tempo e nell’eterno è vivere di Dio. Non solo diventare più buono, ma avere Dio dentro, che mi trasforma nel cuore, nel corpo, nell’anima, mi trasforma in lui. Partecipare al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo.
Dio in me: il mio cuore lo assorbe, lui assorbe il mio cuore e diventiamo una cosa sola. Ed è il senso di tutta la storia: portare cielo nella terra, Dio nell’uomo, vita immensa in questa vita piccola. Molto più del perdono dei peccati è venuto a portare: è venuto a dare se stesso.
Mangiare la carne e il sangue di Cristo, non si riduce però al rito della Messa.
Il corpo di Cristo non sta solo sull’altare, del suo Spirito è piena la terra, Dio si è vestito d’umanità, al punto che l’umanità intera è la carne di Dio. Infatti: quello che avete fatto a uno di questi l’avete fatto a me.
«Mangiare il pane di Dio» è nutrirsi di Cristo e di Vangelo, respirare quell’aria pulita, mangiare quel pane buono, continuamente.
Domandiamoci allora: noi di che cosa ci nutriamo? Di che cosa alimentiamo cuore e pensieri? Stiamo mangiando generosità, bellezza, profondità? O stiamo nutrendoci di superficialità, miopie, egoismi, intolleranze, insensatezze?
Se accogliamo in noi pensieri degradati, questi ci riducono come loro; se accogliamo pensieri di vangelo, di bontà e di bellezza, essi ci fanno uomini e donne della bellezza. Se ci nutriamo di Vangelo, il Vangelo dà forma al nostro pensare, al sentire, all’amare. E diventiamo ciò che ci abita.
Io non sono ancora e mai il Cristo, ma io sono questa infinita possibilità. Non basterà questa vita, forse, ma lui ha promesso. Ha promesso e io lo credo. Sono convinto che lo diverrò: una cosa sola con lui!
don Alfredo Di Stefano
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