Author : E. Redazione

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 032

2024 – Echi di Vita N°32 – QUEL PANE VIVO DISCESO DAL CIELO

Nessuno può venire a me se il Padre non lo attira.

Non si diventa cristiani se non per questa at­trazione, non certo per via di indottrinamento o di crociate. Io sono cristiano per attrazione: mi attira un Dio buono come il pane, umile come il pane, energia inesauribile che alimenta la vita, ogni vita, tutta la vita. Si dà e scompare.

Il verbo di questo Vangelo è «mangiare». Così semplice, quotidiano, vitale. Che indica cento cose, ma la prima è vivere. Mangiare è questione di vita o di morte. Dio è così: una questione di fondo. Ne va del­la tua vita.

Il segreto, il senso ultimo nel tempo e nell’eterno è vivere di Dio. Non solo diventare più buono, ma avere Dio dentro, che mi trasforma nel cuore, nel corpo, nell’anima, mi trasforma in lui. Partecipare al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo.

Dio in me: il mio cuore lo assorbe, lui assorbe il mio cuore e diventiamo una cosa sola. Ed è il senso di tutta la storia: portare cielo nella terra, Dio nell’uomo, vita immensa in questa vita piccola. Molto più del perdono dei peccati è venuto a portare: è venuto a dare se stesso.

Mangiare la carne e il sangue di Cristo, non si riduce però al rito della Messa.

Il corpo di Cristo non sta solo sull’altare, del suo Spirito è piena la terra, Dio si è vestito d’umanità, al punto che l’umanità intera è la carne di Dio. Infatti: quello che avete fatto a uno di questi l’avete fatto a me.

«Mangiare il pane di Dio» è nutrirsi di Cristo e di Vangelo, respirare quell’aria pulita, mangiare quel pane buono, continuamente.

Domandiamoci allora: noi di che cosa ci nutriamo? Di che cosa alimentiamo cuore e pensieri? Stiamo mangiando generosità, bellezza, profondità? O stiamo nutrendoci di superficialità, miopie, egoismi, intolleranze, insensatezze?

Se accogliamo in noi pensieri degradati, questi ci riducono come loro; se accogliamo pensieri di vangelo, di bontà e di bellezza, essi ci fanno uomini e donne della bellezza. Se ci nutriamo di Vangelo, il Vangelo dà forma al nostro pensare, al sentire, all’amare. E diventiamo ciò che ci abita.

Io non sono ancora e mai il Cristo, ma io sono questa infinita possibilità. Non basterà questa vita, forse, ma lui ha promesso. Ha promesso e io lo credo. Sono convinto che lo diverrò: una cosa sola con lui!

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 031

2024 – Echi di Vita N°31 – IL SIGNORE VUOLE DIVENTARE NOSTRO PANE

Un Vangelo di grandi domande.

Chiedono a Gesù: Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?

Egli risponde: Questa è l’opera di Dio, credere in colui che egli ha mandato.

Al cuore della fede sta la tenace, dolcissima fiducia che Dio ha il volto di Cristo, il volto di uno che sa soltanto amare.

È questa fiducia che ti cambia la vita per sempre, un’esperienza che se la provi anche una volta sola, dopo non sei più lo stesso: sentirti amato, teneramente, costantemente, appassionatamente, gelosamente amato. E sentire che lo stesso amore avvolge ogni creatura.

Quale segno fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi? La risposta di Gesù: Io sono il Pane della vita. Un solo segno: io nutro. Nutrire è fare cosa da Dio. Pane di cielo cerca l’uomo, cibo per l’anima: vuole addentare la vita, goderla e gioirne in comunione, saziarsi d’amore, ubriacarsi del vino di Dio, che ha il profumo stordente della felicità.

Come un tempo ha dato la manna ai padri vostri nel deserto, così oggi ancora Dio dà.

Fermiamo l’attenzione su questo: Dio dà. Due parole semplicissime, eppure chiave di volta della rivelazione biblica.

Dio non chiede, Dio dà.

Dio non pretende, Dio offre.

Dio non esige nulla, dona tutto.

Un verbo così facile, così semplice, così concreto: dare, che racchiude il cuore di Dio. Dare, senza condizioni, senza contropartite; dare senza un perché che non sia l’intimo bisogno di fecondare, far fiorire, fruttificare vita.

Dio non dà cose, Egli può dare nulla di meno di se stesso. Ma dandoci se stesso ci dà tutto.

Siamo davanti a uno dei vertici del Vangelo, a uno dei nomi più belli di Dio: Egli è nella vita datore di vita. Dalle sue mani la vita fluisce illimitata e inarrestabile.

Nel Vangelo di domenica scorsa Gesù distribuiva il pane, oggi si distribuisce come pane, che discende in noi, ci fa abitati dal cielo, e fa scorrere la nostra vita verso l’alto e verso l’eterno: chi mangia non avrà fame, chi crede non avrà sete, mai!

Abbiamo dentro di noi una vita di terra e una vita di cielo intrecciate tra loro. Il cristianesimo non è dottrina, che cresce e si affina attraverso nuove idee, ma è offerta di vita e anelito a sempre più grande vita; è una calda corrente d’amore che entra e fa fiorire le radici del cuore.

Che la nostra estate ci conceda tutto questo!

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 030

2024 – Echi di Vita N°30 – QUEL LIEVITO DI UN PANE CHE NON FINISCE

La moltiplicazione dei pani è qualcosa di così importante da essere l’unico miracolo presente in tutti e quattro i Vangeli. Più che un miracolo è un segno, segnale decisivo per capire Gesù:

Lui ha pane per tutti, lui fa’ vivere!

Lo fa offrendo ciò che nutre le profondità della vita, alimentando la vita con gesti e parole che guariscono dal male, dal disamore, che accarezzano e confortano, ma poi incalzano.

Cinquemila uomini, sul monte, simbolo del luogo dove Dio nella Bibbia si rivela; un ragazzo, non ancora un uomo, che ha pani d’orzo, il pane nuovo, fatto con il primo cereale che matura.

Un giovane uomo, nuovo anche nella sua generosità. Nessuno gli chiede nulla e lui mette tutto a disposizione; è poca cosa, ma è tutto ciò che ha.

Poteva giustificarsi: che cosa sono cinque pani per cinquemila persone? Sono meno di niente, inutile sprecarli. Invece mette a disposizione quello che ha, senza pensare se sia molto o se sia poco. È tutto!

Ed ecco che per una misteriosa regola divina quando il mio pane diventa il nostro pane, si moltiplica. Ecco che poco pane condiviso fra tutti diventa sufficiente.

C’è tanto di quel pane sulla terra, tanto di quel cibo, che a non sprecarlo e a condividerlo basterebbe per tutti. E invece tutti ad accumulare e nessuno a distribuire!

Perché manca il lievito evangelico.

Il cristiano è chiamato a fornire al mondo lievito più che pane: ideali, motivazioni per agire, sogni grandi che convochino verso un altro mondo possibile.

Alla tavola dell’umanità il cristianesimo non assicura maggiori beni economici, ma un lievito di generosità e di condivisione, come promessa e progetto di giustizia per i poveri.

Il Vangelo non punta a realizzare una moltiplicazione di beni materiali, ma a dare un senso a quei beni: essi sono sacramenti di gioia e comunione.

Giovanni riassume l’agire di Gesù in tre verbi: «Prese il pane, rese grazie e distribuì».

Tre verbi che, se li adottiamo, possono fare di ogni vita un Vangelo: accogliere, rendere grazie, donare.

Noi non siamo i padroni delle cose, le accogliamo in dono e in prestito.

Se ci consideriamo padroni assoluti siamo portati a farne ciò che vogliamo, a profanare le cose.

Invece l’aria, l’acqua, la terra, il pane, tutto quello che ci circonda non è nostro, sono da custodire.

Il Vangelo non parla di moltiplicazione, ma di distribuzione, di un pane che non finisce.

E mentre lo distribuivano non veniva a mancare, e mentre passava di mano in mano restava in ogni mano. Come avvengano certi miracoli non lo sapremo mai.

Ci sono e basta.

Ci sono, quando a vincere è sempre la legge della generosità.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 029

2024 – Echi di Vita N°29 – LA COMPASSIONE DA CUSTODIRE SEMPRE!

I discepoli, partiti a due a due, tornano carichi d’umanità, ricchi di entusiasmo. Attorno a loro si addensa comunione, al punto che la folla era così numerosa che non avevano neanche più il tempo per mangiare.

Aggregano molti e questo può essere esaltante; il successo può apparire loro come la benedizione di Dio sulla missione.

Invece Gesù, vero maestro dello spirito, vede più lontano, il successo non lo esalta, l’insuccesso non lo deprime: queste cose non sono altro che la superficie mobile delle onde e non la corrente profonda degli eventi.

E allora li riporta all’essenziale: Venite in disparte, con me, in un luogo solitario, e riposatevi un po’.

Israele è pieno di drammi, di vedove di Naim che piangono l’unico figlio morto, di lebbrosi che gridano al cielo la loro disperazione, di adultere colte in flagrante e di pietre pronte alla lapidazione. Il mondo è un immenso dramma, e Gesù, invece di ributtare i suoi, subito, dentro i campi sterminati della missione che urge, li conduce nel deserto. Quasi a perdere tempo.

Il luogo solitario è per parlare al cuore. In questo tempo in disparte, il Signore concede ciò che ha veramente promesso, ciò che è più necessario: concede se stesso. E trasmette il segreto del Regno e della vita. La vera terra promessa non è un luogo geografico ma un tempo con il Signore, per dare re­spiro alla pace, per dare ali al cuore, per essere riempiti della sua Presenza, per innamorarsi di nuovo.

Ne scelse Dodici, scrive Marco, perché «stessero con Lui».

Stare con lui è il primo lavoro di ogni inviato. Solo dopo, dopo aver accolto la sua persona prima ancora che il suo messaggio, solo dopo quel contagio di luce, li manderà a predicare.

Sbarcando, vide molta folla ed ebbe compassione di loro.

Gesù è preso in un dilemma fra la stanchezza degli amici e lo smarrimento della folla. Partito con un programma importante, ora è pronto a cambiarlo. Partiti per restare soli e riposare, i Dodici imparano ad essere a disposizione degli altri, sempre. A non appartenere a se stessi, ma al dolore e all’ansia della terra.

La prima cosa che i discepoli imparano da Gesù è quella di semplicemente, divinamente commuoversi. Il tesoro che porteranno con sé dalla riva del lago è il ricordo dello sguardo di Gesù che si commuove. Lo stesso tesoro che i cristiani devono salvare oggi: il miracolo della compassione.

Questo abbiamo celebrato con la nostra festa del SS. Crocifisso.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 028

2024 – Echi di Vita N°28 – GESU’, PROFETA STRANIERO IN PATRIA

Il Crocifisso invita tutti noi ad accogliere la doppia direzione che esso ci indica. La direzione verticale del rapporto con Dio che è la preghiera: come l’asta verticale della croce, questa deve essere ben piantata per terra per sorregge tutta la struttura.

La preghiera cristiana non è un’esperienza emozionale, un vago movimento del cuore, un sentimento intimo,  ma è una relazione stabile e concreta con Dio Padre, attraverso Gesù, nella potenza dello Spirito santo. È una relazione che ci fa stare con i piedi ben piantati per terra, nella storia, nella nostra situazione.

Solo la preghiera, ben piantata per terra, potrà sostenere la seconda direzione indicata, dell’asta orizzontale che è l’amore fraterno.

Non c’è autentica vita cristiana che non sia “braccia allargate” verso tutta l’umanità, soprattutto quella fragile, sofferente ed emarginata.

Solo se saremo uomini di preghiera, potremo vivere quella con-fraternità che abbiamo scelto come stile di vita.

Questo vale per tutti noi: la preghiera è il fondamento dell’accoglienza, della condivisione, del prendersi cura; è il fondamento del matrimonio cristiano, del servizio ministeriale e di qualsiasi azione, anche quella politica; la preghiera è il fondamento della vita cristiana autentica, che è farsi carico degli altri.

Ecco perché siamo attratti da un uomo crocifisso. Egli non si sottrae alla cattiveria, all’ingiustizia, al dolore e nemmeno alla morte, anzi la abita. Dio non ti lascia solo: prima di te si consegna, attraversa la morte per trasformarla con l’Amore.

Ecco perché siamo attratti dal Crocifisso, perché solo qui possiamo fare una autentica esperienza di Dio. La conoscenza del vero Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, misericordioso e pieno di amore e di bontà, passa per la conoscenza del volto del Crocifisso.

Questa la strada che ci indica il Crocifisso: la strada dell’Amore.

È questa decisione di Dio che deve diventare anche la nostra decisione e che testimonieremo camminando dietro al Crocifisso per le vie della nostra Città.

Fa’, o Signore, che la potenza impotente della Croce ci mostri, ancora una volta e sempre, la via della Pace.

don Alfredo di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 027

2024 – Echi di Vita N°27 – GESU’, PROFETA STRANIERO IN PATRIA

Molti ascoltandolo rimanevano stupiti.

La prima bella caratteristica del Gesù storico: non lascia indifferente nessun ascoltatore, dove lui passa fiorisce lo stupore. E molte domande: Marco ne registra cinque -il numero classico degli interrogativi in serie di cui trabocca la Bibbia-. Da dove gli vengono queste cose? Da dove questo amore straniero alla terra, queste parole aliene che qui sono in esilio?

Il profeta è straniero in patria perché le sue parole vengono da un mondo altro.

Allora si apre il conflitto tra Nazaret e questo ‘altrove’, tra il quotidiano e l’oltre. A Nazaret tutto dice: hai qui il tuo clan, una madre, fratelli e sorelle; questo è il mondo, non ce n’è un altro. Hai un lavoro, la sinagoga e il Libro, questo basta a dare senso alla vita. Cosa vai cercando?

E invece il giovane rabbi spiazzava figli e genitori, lavoratori e contabili: amate i vostri nemici; lascia i morti seppellire i loro morti, tu vieni e seguimi; felici i poveri, sono i principi del Regno; guardate i fiori del campo e non preoccupatevi; guai a voi farisei che imponete agli altri pesi che non toccate con un dito; se non diventerete come bambini…

Come gli abitanti di Nazaret, anche noi siamo una generazione che ha sprecato i suoi profeti, ha dissipato i suoi uomini di Dio. Come loro livelliamo tutto verso il basso: è solo un falegname, è il fratello di Ioses, lo conosco bene, conosco i suoi difetti uno per uno. Di un uomo cogliamo solo la linea d’ombra, e così ci precludiamo lo splendore di epifania del quotidiano, l’eterno che si insinua nell’istante e nella creatura.

Salviamo almeno lo stupore!

Il brano si chiude con la sorpresa di Gesù, la meraviglia dolente dell’amante respinto che però continua ad amare, a inventare gesti, anche minimi, per dire che di noi non è stanco. E lì non poteva compiere nessun prodigio, dice Marco; ma subito si corregge: solo impose le mani a pochi malati e li guarì.

L’amore respinto continua ad amare, il Dio rifiutato si fa ancora guarigione. L’amore non è stanco, è solo stupìto; ma non nutre rancori. Già lo aveva capito Ezechiele, profeta di profezie respinte: ascoltino o non ascoltino, sapranno almeno che un profeta è in mezzo a loro.

Dio ha deciso di farsi compagnia del suo popolo, ha deciso di essere nel quotidiano di ciascuno, oggi come in esilio e un giorno, forse già domani, come stupore.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 026

2024 – Echi di Vita N°26 – GESU’, IL SIGNORE DELLA VITA PORTA SALVEZZA NEI CUORI

Gesù cammina verso la casa dove una bambina è morta.

Gesù incontra il padre, Giairo e gli cammina vicino, offre un cuore perché possa appoggiarvi il suo dolore: «Non temere, soltanto continua ad aver fede». Ma come è possibile non temere quando la morte è entrata in casa mia, e si è portata via il mio sole? Secondo Gesù il contrario della paura non è il coraggio, da scovare a fatica nel fondo dell’animo, ma la fede: Tu continua ad aver fede. Anche se dubiti, anche se la tua fede non ha nulla di eroico, lascia che la sua Parola riprenda a mormorare in cuore.

Aver fede: che cosa significa? La fede è un atto umanissimo, vitale, che tende alla vita e si oppone all’abbandono e alla morte. È aderire: come un bambino aderisce al petto della madre, così io aderisco al Signore, ho fiducia nella madre mia, un bambino appena svezzato è il mio cuore.

Giunsero alla casa e vide trambusto e gente che piangeva.

Entrato, disse loro: «Perché piangete? Non è morta questa bambina, ma dorme». Dorme, come tutti i nostri che ci hanno preceduto e che sono in attesa del risveglio. Dormono, come una parentesi tra questo sole e il sole di domani, e per Dio l’ultimo risveglio è sulla vita.

Lo deridono, allora, con quella stessa derisione con cui dicono anche a noi: tu credi nella vita dopo la morte? Ti inganni, ti sbagli, sei un illuso, non c’è niente dopo la morte.

Gesù cacciati fuori tutti, prende con sé il padre e la madre, ricompone il cerchio vitale degli affetti, il cerchio dell’amore che fa vivere. Poi prende per mano la bambina. Non era lecito per la legge toccare un morto, ma Gesù profuma di libertà. E ci insegna che bisogna toccare la disperazione delle persone per poterle rialzare. La prende per mano.

Chi è Gesù? Una mano che ti prende per mano. La sua mano nella mia mano.

E le disse: «Talità kum. Bambina, alzati». Lui può aiutarla, sostenerla, ma è lei, è solo lei che può risollevarsi: alzati. E lei si alza e si mette a camminare. A ciascuno di noi, qualunque sia la porzione di dolore che portiamo dentro, qualunque sia la porzione di morte, il Signore ripete: Talità kum.

In ognuno di noi c’è una vita che è giovane sempre: allora, risorgi, riprendi la fede, la lotta, il sogno.

Su ogni creatura, su ogni fiore, su ogni uomo, su ogni donna ripete la benedizione di quelle antiche parole: Talità kum, giovane vita, dico a te, alzati, rivivi, risplendi. Tu porti salvezza, amore, pace, libertà.

 

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 025

2024 – Echi di Vita N°25 – DIO NON INTERVIENE AL POSTO MIO, MA CON ME

Una notte di tempesta e di paura sul lago, e Gesù dorme.

Anche il nostro mondo è in piena tempesta, geme di dolore con le vene aperte, e Dio sembra dormire. Nessuna esistenza sfugge all’assurdo e alla sofferenza, e Dio non parla, rimane muto.

È nella notte che nascono le grandi domande:

Non ti importa niente di noi? Perché dormi? Destati e vieni in aiuto!

I Salmi traboccano di questo grido, riempie la bocca di Giobbe, lo ripetono profeti e apostoli. Poche cose sono bibliche come questo grido a contestare il silenzio di Dio, poche esperienze sono umane come questa paura di morire o di vivere nell’abbandono.

 

Perché avete così tanta paura?

Dio non è altrove e non dorme. È già qui, sta nelle braccia degli uomini, forti sui remi; sta nella presa sicura del timoniere; è nelle mani che svuotano l’acqua che allaga la barca; negli occhi che scrutano la riva, nell’ansia che anticipa la luce dell’aurora.

Dio è presente, ma a modo suo; vuole salvarmi, ma lo fa’ chiedendomi di mettere in campo tutte le mie capacità, tutta la forza del cuore e dell’intelligenza. Non interviene al posto mio, ma insieme a me; non mi esenta dalla traversata, ma mi accompagna nell’oscurità. Non mi custodisce dalla paura, ma nella paura. Così come non ha salvato Gesù dalla croce, ma nella croce.

L’intera nostra esistenza può essere descritta come una traversata pericolosa, un passare all’altra riva, quella della vita adulta, responsabile, buona.

Una traversata è iniziare un matrimonio; una traversata è il futuro che si apre davanti al bambino; una traversata burrascosa è tentare di ricomporre lacerazioni, ritrovare persone, vincere paure, accogliere poveri e stranieri.

C’è tanta paura lungo la traversata, paura anche legittima. Ma le barche non sono state costruite per restare ormeggiate al sicuro nei porti.

Vorrei che il Signore gridasse subito all’uragano: Taci; e alle onde: Calmatevi; e alla mia angoscia ripetesse: è finita.

Vorrei essere esentato dalla lotta, invece Dio risponde chiamandomi alla perseveranza, moltiplicandomi le energie; la sua risposta è tanta forza quanta ne serve per il primo colpo di remo. E ad ogni colpo lui la rinnoverà.

 

Tu mi importi al punto che ti ho contato i capelli in capo e tutta la paura che porti nel cuore.

       E sono qui.

       A farmi argine e confine alla tua paura.

 

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 024

2024 – Echi di Vita N°24 – LA PIENEZZA DEL REGNO E LA GIOIA DEL RACCOLTO

Due piccole parabole: storie di terra che Gesù fa diventare storie di Dio. Con parole che sanno di casa, di orto, di campo, ci porta alla scuola dei semi e di madre terra, cancella la distanza tra Dio e la vita. Siamo convocati davanti al mistero del germoglio e delle cose che nascono per capire il mistero di Dio.

Nel Vangelo, la puntina verde di un germoglio di grano e un minuscolo semino diventano personaggi di un annuncio, una rivelazione del divino. La terra e il Regno sono un appello allo stupore, a un sentimento lungo che diventa atteggiamento di vita.

È commovente e affascinante leggere il mondo con lo sguardo di Gesù, a partire non da un cedro gigante sulla cima del monte, ma dall’orto di casa. Leggero e liberatorio leggere il Regno dei cieli dal basso, da dove il germoglio che spunta guarda il mondo, raso terra.

Il terreno produce da sé, che tu dorma o vegli: le cose più importanti non vanno cercate, vanno attese, non dipendono da noi, non le devi forzare. Perché Dio è all’opera, e tutto il mondo è un grembo, un fiume di vita che scorre verso la pienezza. Il granellino di senape è incamminato verso la grande pianta futura che non ha altro scopo che quello di essere utile ad altri viventi, fosse anche solo agli uccelli del cielo.

È nella natura della natura di essere dono: accogliere, offrire riparo, frescura, cibo, ristoro. È nella natura di Dio e anche dell’uomo. Dio agisce non per sottrazione, mai, ma sempre per addizione, aggiunta, intensificazione, incremento di vita: c’è come una dinamica di crescita insediata al centro della vita.

La incrollabile fiducia del Creatore nei piccoli segni di vita ci chiama a prendere sul serio l’economia della piccolezza e ci porta a guardare il mondo, e le nostre ferite, in altro modo. A cercare i re di domani tra gli scartati e i poveri di oggi, a prendere molto sul serio i giovani e i bambini, ad aver cura dell’anello debole della catena sociale, a trovare meriti là dove l’economia della grandezza sa vedere solo demeriti.

Splendida visione di Gesù sul mondo, sulla persona, sulla terra: il mondo è un immenso parto, dove tutto è in cammino, con il suo ritmo misterioso, verso la pienezza del Regno. Verso la fioritura della vita, Il Regno è presentato come un contrasto, non uno scontro, bensì un contrasto di crescita, di vita. Una dinamica che si insedia al centro della vita, verso la pienezza e la fecondità. Il Vangelo sogna mietiture fiduciose, frutto pronto, pane sulla tavola. Positività. Gioia del raccolto. Che sia così la nostra estate!

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 023

2024 – Echi di Vita N°23 – MOLTA FOLLA, MOLTA SOLITUDINE

Da sud, arriva per il giovane rabbi una commissione d’inchiesta, con i primi teologi dell’istituzione religiosa pronti ad accusarlo. Dal nord scendono invece i suoi, per riportarselo a casa. Sembra una manovra a tenaglia contro quel maestro fuori legge.

Non s’è mai visto in Israele un rabbino che cammina sempre, sempre in giro, con la strada come casa e aula scolastica, seguito da una carovana colorata di uomini e donne.

I dottori della legge arrivano a Cafarnao da Sud e da Ovest, per metterlo in riga, lui che ha fatto di dodici ragazzi il suo esercito, di una parola che guarisce, la sua arma. E sentenziano che Gesù è figlio del diavolo, marchiato di scomunica. Eppure la pedagogia del maestro incanta sempre: invece di offendersi, come avrei fatto io, dice Marco “ ma egli li chiamò”, chiama vicino quelli che l’hanno giudicato da lontano e parla con loro. Gesù ha dei nemici, ma non è nemico di nessuno. Lui è l’amico della vita.

Sua madre e i suoi fratelli, da fuori mandarono a chiamarlo.

Il vangelo di Marco, concreto e asciutto, ci rimette con i piedi per terra, dopo le ultime grandi feste che ci hanno fatto volare alto. Si riparte dalla casa, dal basso, dai problemi: il Vangelo non nasconde che durante il suo ministero pubblico le relazioni di Gesù con la madre e la famiglia siano segnate da contrasti e distanza.

E alla loro chiamata Gesù risponde, ma solo a quelli seduti attorno a lui: Chi sono i miei fratelli e le mie sorelle? Quelli là fuori? Che si vergognano di me? Del matto di casa? Particolare drammatico, sembra una canzonatura: c’è tua madre! E io credo che qui Marco riferisca uno dei momenti più dolorosi della vita di Maria, che si sente dire dal figlio: chi è mia madre? Un disconoscimento. L’unica volta che Maria appare nel vangelo di Marco è qui, ed è l’immagine di una madre e di un figlio distanti, ognuno immerso nel proprio dolore. Anche Maria, come noi, ha dovuto cercare e faticare, affrontare dubbi e parole dure.

Chi fa la volontà del Padre, questi è per me madre, sorella, fratello. La volontà del Padre è semplice: vuole che sorga un mondo fatto di coraggio, libertà e amore, di fratelli tutti. Assediato, Gesù non si arrende, si oppone a ciò che è mediocre! Non si ferma, non torna indietro.

Lo immagino: molta folla e molta solitudine. Ma dove passa lui, fiorisce un sogno di maternità, sorellanza e fraternità nel quale ci invita a entrare.

Un sogno che forse abbiamo spezzato mille volte, ma di cui non ci è concesso stancarci.

don Alfredo Di Stefano

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