Author : E. Redazione

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 17

Echi Di Vita N°17 – UNA LINFA D’ AMORE CHE PORTA LA VITA

Avevamo sempre pensato che Dio fosse il buon padrone del campo, il contadino operoso e fiducioso.

Ma ora Gesù afferma qualcosa di assolutamente nuovo: «Io sono la vite, voi i tralci». In Cristo il vignaiolo si è fa o vite, il seminatore si è fa o seme, il vasaio argilla, il Creatore creatura. Dio è in me, non come padrone ma come linfa vitale.

All’inizio della primavera, il vignaiolo attende che la linfa, salita misteriosamente lungo il tronco, si affacci alla ferita del tralcio potato, come una goccia, come una lacrima. All’apparire di quella lacrima sui tralci, si dice: è la vite che va in amore!

Se la stessa linfa scorre in Cristo vite e in me tralcio, allora anche la mia vita porterà, attraverso vene d’amore, frutti buoni.

Quella linfa, quella goccia d’amore, che tante volte ho visto tremare sulla punta del tralcio, è umile immagine di Dio, dice che un amore percorre il mondo, sale lungo i ceppi di tu e le vigne, di tu e le vite. E perfino le mie spine ha fa o rifiorire. Viene da prima di me e va oltre me. Viene da Dio, e dice a questo piccolo tralcio: «Ho bisogno di te per una vendemmia di sole e di miele».

Ho bisogno di te, anche di un grappolo solo, perché senza i vostri tralci la vite è sterile. Parole centrali oggi: «rimanete in me», noi siamo già in Dio, Dio è già in noi, siamo percorsi da Lui, non c’è da cercarlo lontano, è qui, è dentro, scorre nelle vene dell’essere.

E poi «portare frutto», il nome nuovo della morale evangelica non è sacrificio ma fecondità, non ubbidienza ma espansione, non rinuncia ma centuplo. Non di penitenze c’è bisogno, ma di frutti con dentro un buon sapore di vita, a dissetare l’arsura delle cose.
Nessun albero consuma i propri frutti, nessuna vite; essi sono portati, sono offerti per la gioia e l’alimento delle altre creature. Questa è la perfezione: maturare e dimenticarsi nel dono.

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 16

Echi Di Vita N°16 – IL SEGRETO DELLA VITA CONSISTE NEL DARE

Con la formula solenne delle rivelazioni, Gesù afferma: Io sono il buon pastore. Per farci capire cosa intende per «buono», per cinque volte ripete il verbo offrire. Ciò che il pastore offre è la vita. E non so immaginare migliore avventura: io sono vaso che accoglie vita, anfora che si esercita a ricevere più vita.

Io sono il pastore bello, dice letteralmente il testo greco, e la bellezza del pastore, il suo fascino stanno in questo slancio vitale inarrestabile, nella gioia di vedere la vita fiorire in tutte le sue forme.

Io do la vita: offrire la vita non significa per prima cosa morire, perché se il pastore muore le pecore sono abbandonate e il lupo rapisce, uccide, vince.

Dare la vita qui è inteso nel senso primo, come hanno compreso gli apostoli: della vite che dà linfa al tralcio (Giovanni); dell’ulivo innestato che trasmette potenza buona al ramo selvatico (Paolo); di uno che essendo l’autore della vita (Pietro), l’ha inventata ma soprattutto la scrive, in questo momento, sillaba per sillaba, sulle tavole di carne che sono io.

Il Vangelo si chiude con una frase solenne: questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio. Non un comando ma il comando, quello che ti fa pastore bello e fa bella la tua vita: il comando di offrire, donare.

Dare la vita è innanzitutto offrire il segreto della vita. Questo ho imparato da Gesù, che la vita è dono, che il segreto della vita è dare, che l’asse della storia è il dono, che ogni uomo per stare bene deve dare. Ma perché per stare bene ogni uomo deve dare? Perché questa è la legge della vita. Perché così fa Dio. Se non dai vita attorno a te, entri nella malattia. Se non dai amore, un’ombra invecchia il cuore.

La felicità di questa nostra vita ha a che fare con il dono. E con il diventare pastori buoni, belli, di un piccolo, minimo gregge affidato alle nostre cure.

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 15

Echi Di Vita N°15 – QUEL TOCCO DEL RISORTO CHE TRASFIGURA!

Non sono un fantasma! Toccatemi. E pronuncia, per sciogliere le paure e i dubbi, i verbi più semplici e più familiari: Guardate, toccate, mangiamo! Gesù vuole entrare nella vita concreta dei suoi, esserne riconosciuto come parte vitale. Perché anche il Vangelo non sia un fantasma, un fumoso ragionare, un rito settimanale, ma roccia su cui costruire, sorgente alla quale bere. La bella notizia: Gesù non è un fantasma, ha carne e sangue come noi.

Mangiare è il segno della vita; mangiare insieme è il segno più eloquente di una comunione ritrovata, che lega insieme e custodisce e accresce le vite, figlio delle nostre paure o delle nostre speranze.

Il Risorto non avanza richieste, non detta ordini. La sua prima offerta è «stare in mezzo» ai suoi, riannodare la comunione di vita. Viene e condivide pane, sguardi, amicizia, parola. Non chiede, regala. Non chiede di digiunare per lui, ma di mangiare con lui.

Vuole partecipare alla mia vita e che io condivida la sua. Ma in un sentimento di serenità, di distensione.

Infatti la sua prima parola è: pace a voi! Pace, che è il riassunto dei doni di Dio. È la serenità dello spirito che ci permette di capirci, di fare luce nei nostri rapporti, di vedere il sole più che le ombre, di distinguere tra un fantasma e il Signore. Solo il cuore in pace capisce. Infatti, il Vangelo annota: Aprì loro la mente per comprendere le Scritture. Perché finora avevano capito solo ciò che faceva comodo, solo ciò che li confermava nelle loro idee. C’è bisogno di pace per cogliere il senso delle cose.

Quando sentiamo il cuore in tumulto è bene fermarci, fare silenzio, non parlare.

Mi consola la fatica dei discepoli a credere, il loro oscillare tra paura e gioia. È la garanzia che la risurrezione di Gesù non è una loro invenzione, ma un evento che li ha spiazzati.

Lo conoscevano bene, il Maestro, dopo tre anni di strade, eppure non lo riconoscono. Gesù è lo stesso ed è diverso, è il medesimo ed è trasformato, è quello di prima ed è altro. Perché la Risurrezione non è semplicemente ritornare alla vita di prima: è andare avanti, è trasformazione, è il tocco di Dio che entra nella carne e la trasfigura. Lasciamoci trasfigurare!

 

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 14

Echi Di Vita N°14 – NOI, DUBBIOSI COME TOMMASO

«Se non vedo, se non tocco, se non metto la mano, non crederò». Tommaso vuole delle garanzie, ed ha ragione, perché se Gesù è vivo tutta la sua vita ne sarà sconvolta.

E Gesù si avvicina alla sua e nostra lentezza a credere, con pochi verbi, i più semplici e concreti: guarda, metti, tocca.

C’è un foro nelle sue mani, dove il dito di Tommaso può entrare.
C’è un colpo di lancia dove tutta la mano può entrare.

E nella mano di Tommaso ci sono tutte le nostre mani, di noi che abbiamo creduto senza aver toccato, ma perché altri hanno toccato.

Gesù ripete ad ogni credente: guarda, stendi la mano, tocca. Guarda dentro in quei fori. Ritorna alla croce, non stancarti di ascoltare la passione di Dio, di guardare le piaghe che guariscono. L’amore ha scritto il suo racconto sul corpo di Gesù con l’alfabeto delle ferite, ormai indelebili come l’amore.

Non è un fantasma, Gesù. La loro lentezza a credere, il lungo impaurito dubitare ci consolano.

Alla fine Tommaso si arrende, ma alla pace, non al toccare. Per tre volte Gesù dice: pace a voi – non “sia”, ma “è” pace, al presente: oramai siete in pace con Dio, con gli uomini e pertanto con voi stessi; basta al dominio della paura e del male su di voi; a questa esperienza anche noi ci consegniamo.

Beati quelli che senza aver visto crederanno. Beatitudine che finalmente può essere nostra. Le altre sono troppo difficili, cose per pochi coraggiosi. Questa ci consola: io credo e non ho visto. E Gesù mi dice beato. E beato è chi, come me, fa fatica, chi cerca a tentoni, chi non vede ancora.

Dall’incredulità all’estasi: «Mio Signore e mio Dio», con quel piccolo aggettivo possessivo che cambia tutto, che viene dal Cantico dei Cantici, che è risuonato nel giardino sulla bocca di Maria.

Questo “mio” che non indica possesso, ma l’essere posseduti, e dice adesione, appartenenza, scambio di vita.

E la vitalità di Dio mi è compagna dei giorni, l’avverto, è energia che sale, dice e ridice, non tace mai, dà appuntamenti, si dilata dentro, mi offre due mani piagate perché ci riposi e riprenda fiato e coraggio.

Noi ora, finalmente, possiamo dire: io appartengo ad un Dio vivo, non ad un Dio compianto!

Don Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 13

Echi Di Vita N°13 – CRISTO E’ LA RESURREZIONE E LA VITA

Maria di Magdala esce di casa quando è ancora noe, buio  nel   cielo e buio nel cuore. Non ha niente tra le mani,non porta aromi come le altre donne, ha soltanto ilsuo amore che si ribella all’assenza di Gesù. E vede chela pietra è stata tolta dal sepolcro. Il sepolcro è spalancato, vuoto e risplendente, nel fresco dell’alba.

Il segno è un corpo assente dalla tomba. Il Signore Gesù non è semplicemente il Risorto,l’aore di un evento che si è consumato una volta per tue nel giardino fuori Gerusalemme, in quell’alba del primo giorno dopo il sabato. Un evento concluso? No.

Se noi tu& insieme formiamo il corpo di Cristo, allora, contemporanea a me, è la croce e, contemporanea a me, è anche la Risurrezione. Chi vive in lui, chi è in lui compreso, è preso da lui nel suo risorgere.

Cristo è il Risorgente, adesso. Sorge in questo momento dal fondo del mio essere, dal fondo di ogni uomo, dal fondo della storia, con(nua a risorgere, a immeere con la mano viva del creatore germi di speranza e di fiducia, di coraggio e libertà. Cristo Gesù risorge oggi, energia che ascende, vita che germina, masso che rotola via dall’imboccatura del cuore.

E mi indica la strada della Pasqua, che vuol dire passaggio ininterro o dall’odio all’amore, dalla paura alla libertà, dall’effimero
all’eterno. Pasqua è la festa dei macigni rotolan( via, adesso, dalla bocca dell’anima. E ne usciamo pron( alla primavera di vita nuova, trascina( in alto dal Cristo Risorgente in eterno.
Cristo non è semplicemente il Risorto, non è solo il Risorgente, egli è la Risurrezione stessa.
L’ha deo a Marta: io sono la Risurrezione e la vita. In quest’ordine preciso: prima la risurrezione e poi la vita. Ci saremmo aspea( il contrario. Invece no: prima viene la risurrezione, da tue le nostre tombe, dal nostro respiro insufficiente, dalla vita chiusa e bloccata, dal cuore spento, dal gelo delle relazioni. Prima la risurrezione di noi e poi la vita piena nel sole, e poi la vita meriterà finalmente il nome di vita.
La sua Risurrezione non riposerà finché non sia eliminata ogni forma
nega(va, ogni peccato con l’unica forza dell’amore.
Alleluia e Auguri

Don Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 12

Echi Di Vita N°12 – GUARDARE LA CROCE CON GLI OCCHI DEL CENTURIONE

Gesù entra a Gerusalemme, non solo un evento storico, ma una parabola in azione. Di più: una trappola d’amore perché la città lo accolga, perché io lo accolga. Dio corteggia la sua città, in molti modi. Viene come un re bisognoso, così povero da non possedere neanche la più povera bestia da soma. Un Dio umile che non si impone, non schiaccia, non fa paura.

Il Signore ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito. Ha bisogno di quel puledro d’asino, di me, ma non mi ruberà la vita; la libera, invece, e la fa diventare il meglio di ciò che può diventare.

Aprirà in me spazi al volo e al sogno.

E allora: Benedetto Colui che viene nel nome del Signore.

La Settimana Santa dispiega, a uno a uno, i giorni del nostro destino; ci vengono incontro lentamente, ognuno generoso di segni, di simboli, di luce. La cosa più bella da fare per viverli bene è stare accanto alla santità profondissima delle lacrime, presso le infinite croci del mondo dove Cristo è ancora crocifisso nei suoi fratelli. Stare accanto, con un gesto di cura, una battaglia per la giustizia, una speranza silenziosa e testarda come il battito del cuore, una lacrima raccolta da un volto.

Gesù entra nella morte perché là è risucchiato ogni figlio della terra. Sale sulla croce per essere con me e come me, perché io possa essere con lui e come lui. Essere in croce è ciò che Dio, nel suo amore, deve all’uomo che è in croce. Perché l’amore conosce molti doveri, ma il primo è di essere con l’amato, stringersi a lui, stringerlo in sé, per poi trascinarlo in alto, fuori dalla morte.

Solo la croce toglie ogni dubbio. Qualsiasi altro gesto ci avrebbe confermato in una falsa idea di Dio. La croce è l’abisso dove un amore eterno penetra nel tempo come una goccia di fuoco, e divampa. L’ha capito per primo un pagano, un centurione esperto di morte: costui era figlio di Dio. Che cosa l’ha conquistato? Non ci sono miracoli, non risurrezioni, solo un uomo appeso nudo nel vento.

Ha visto il capovolgimento del mondo, dove la vittoria è sempre stata del più forte, del più armato, del più spietato.

Ha visto il supremo potere di Dio che è quello di dare la vita anche a chi dà la morte; il potere di servire non di asservire; di vincere la violenza, ma prendendola su di sé.

Ha visto, sulla collina, che questo mondo porta un altro mondo nel grembo. E il Crocifisso ne possiede la chiave.

Buona Settimana Santa!

Don Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 11

Echi Di Vita N°11 – IL CHICCO DI GRANO, ICONA DI UNA VITA CHE PRODUCE FRUTTI.

Alcuni stranieri chiedono agli apostoli: vogliamo vedere Gesù. Una richiesta dell’anima dell’uomo che cerca, che arriva fino a noi, sulla bocca di molti, spesso senza parole, e ci chiede: Mostrami il tuo Dio, fammi vedere in chi credi davvero. Perché Dio non si dimostra, con alte catechesi o ragionamenti, si mostra, si rivela.

Gesù risponde portando gli interlocutori su di un altro piano, proponendo una immagine indimenticabile: Volete capire qualcosa di me? Guardate un chicco di grano. Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Il vero volto, la verità del chicco consiste nella sua storia breve e splendida.

È bellissimo che Gesù adoperi il paragone del seme di frumento: significa che ciò che Gesù sta dicendo, ciò che con la sua vita sta mostrando è inscritto nelle leggi più profonde della vita. E come il chicco di grano è profezia di pane, così Gesù afferma: anch’io sono un pane per la fame del mondo.

Se cerchiamo il centro della piccola parabola del seme, la nostra attenzione è subito attratta dal forte verbo «morire»: Se il chicco non muore, se invece muore… Ma l’accento logico e grammaticale della frase cade invece su due altri verbi, sono loro quelli principali: Rimanere solo o produrre molto frutto. Il senso della vita di Cristo, e quindi di ogni uomo, si gioca sul frutto, sulla fecondità, sulla vita abbondante che lui è venuto a portare.

Non è il morire che dà gloria a Dio, ma la vita in pienezza.

Fiorire non è un sacrificio. Il germe che spunta dal chicco altro non è che la parte più intima e vitale del seme; non uno che si sacrifica per l’altro, ma l’uno che si trasforma nell’altro; non perdita ma incremento. Seme e germe non sono due entità diverse, ma la tessa cosa: muore una forma ma per rinascere in una forma più piena ed evoluta. In una logica pasquale.

La seconda immagine che Gesù offre di sé, oltre al chicco, è la croce: Quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me. Io sono cristiano per attrazione, sedotto dalla bellezza dell’amore di Cristo.

Perché ciò che si oppone alla morte non è la vita, è l’amore.

Don Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 10

Echi Di Vita N°10 – DIO CI AMA TANTO DA DARE SUO FIGLIO!

In questo brano Giovanni ci con segna il nucleo del suo Vangelo: Dio ha tanto amato il mondo da  d are suo Figlio. È il versetto centrale del quarto Vangelo, il versetto dello stupore che rinasce ogni volta, ad ogni ascolto. Il versetto dal quale scaturisce la storia di Dio con noi. TraDio e il mondo, due realtà che tutto dice lontanissime e divergenti, queste parole tracciano il punto di convergenza, il ponte su cui si incontrano e si abbracciano finito ed infinito: l’amore,divino nell’uomo, umano in Dio.Dio ha amato: un verbo al passato, per indicare un’azione che è da sempre, che continua nel presente, e il mondo ne è intriso. Noi non siamo cristiani perché amiamo Dio. Siamo cristiani perché crediamo che Dio ci ama.

Tanto da dare suo Figlio: Dio ha considerato ogni nostra persona, questo niente cui ha donato un cuore, più importante di se stesso. Ha amato me quanto ha amato Gesù. E questo sarà per sempre: io amato come Cristo. E non solo l’uomo, è il mondo intero che è amato, dice Gesù, la terra è amata, e gli animali e le piante e la creazione tutta. E se Egli ha amato il mondo, anch’io
devo amare questa terra, i suoi spazi, i suoi figli, il suo verde, i suoi fiori, la sua bellezza. Terra amata.

Quando amo in me si raddoppia la vita, aumenta la forza, sono felice. Ogni mio gesto di cura, di tenerezza, di amicizia porta in me la forza di Dio, spalanca una finestra sull’infinito.

A queste parole la notte di Nicodemo si illumina. Lui, il fariseo pauroso, troverà il coraggio, prima impensabile, di reclamare da Pilato il corpo del crocifisso.

Dio non ha mandato il Figlio per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato, perché chi crede abbia la vita. A Dio non interessa istruire processi contro di noi, neppure per assolverci  nell’ultimo giorno. Cristo, venuto come intenzione di bene, sta dentro la vita come datore di vita e ci chiama ad escludere dall’immagine che abbiamo di Lui, a escludere per sempre, qualsiasi intenzione punitiva, qualsiasi paura.

Dio ha tanto amato, e noi come Lui: ci impegniamo non per salvare il mondo, l’ha già salvato Lui, ma per amarlo; ci impegniamo non per convertire le persone, ma per amarle.

Don Alfreno Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 09

Echi Di Vita N°09 – OGNI VITA È UN TEMPIO, CASA DI DIO

Un gesto inatteso, quasi imprevedibile: Gesù che prepara una frusta, la brandisce e attraversa l’atrio del tempio come un torrente impetuoso, che travolge uomini, animali, tavoli e monete.

All’avvicinarsi della Pasqua, questo gesto, e le parole che lo interpretano, risuonano carichi di profezia: non fate della casa del Padre mio un mercato! Del tempio di Gerusalemme, di ogni chiesa, ma soprattutto del cuore.

A ogni credente Gesù ripete il suo monito: non fare mercato della fede! Non adottare con Dio la legge scadente della compravendita di favori, dove tu dai qualcosa a Dio (una Messa, un’offerta, una candela…) perché lui dia qualcosa a te. Se facciamo così, se crediamo di coinvolgere Dio in questo giuoco mercantile, siamo solo dei cambiamonete, e Gesù rovescia il nostro tavolo: Dio non si compra ed è di tutti. Non si compra neanche a prezzo della moneta più pura. Noi siamo salvi perché riceviamo.

Casa di Dio è l’uomo: non fare mercato della vita! Non immiserirla alle leggi dell’economia e del denaro. Non vendere dignità e libertà in cambio di cose, non sacrificare la tua famiglia sull’altare di mammona, non sprecare il cuore riducendo i suoi sogni a oro e argento.

Non fare mercato del cuore! Non sottometterlo alla legge del più ricco, né ad altre leggi: quella del più forte, o del più astuto, o del più violento. Leggi sbagliate
che stanno dentro la vita come le pecore e i buoi dentro il tempio di Gerusalemme: la sporcano, la profanano.

Fuori devono stare, fuori dalla casa di Dio, che è l’uomo.

Profanare l’uomo è il peggior sacrilegio che si possa commettere, soprattutto se debole, se bambino, il suo tempio più santo.

I Giudei presero la parola: Quale segno ci mostri per fare queste cose? Gesù risponde portando gli uditori su di un altro piano: Distruggete questo tempio e in tre giorni lo riedificherò. Non per una sfida a colpi di miracolo, ma perché tutt’altro è il tempio di Dio: è lui crocifisso e risorto, e in lui ogni fratello.

Casa di Dio è la vita, tempio fragile, bellissimo e infinito. E se una vita vale poco, niente comunque vale quanto una vita. Perché Lui sulla mia pietra ha posato la sua luce.

Don Alfredo Di Stefano

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