Author : E. Redazione

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San Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2023 N 42 - Copertina

2023 – Echi di Vita N°42 – AL SIGNORE STA A CUORE LA NOSTRA GIOIA

Tre immagini riassumono la parabola:

la sala della festa, le strade, l’abito nuziale.

  1. La sala della festa rimane vuota e triste, fotografia impietosa del fallimento del re: nessuno vuole il suo regalo, nessuno partecipa alla sua gioia. Perché gli invitati non rispondono al suo invito? Abbiamo tutti sperimentato che per far festa davvero con gli altri è necessario un anticipo di felicità dentro, è necessario essere contenti. Ecco perché i primi invitati non rispondono, perché non sono felici: hanno perso la gioia del cuore dietro alle cose e agli affari.
  1. Le strade. Allora il Dio che vive per creare gioia condivisa, dice ai servi: «Andate per le strade, agli incroci, ai semafori, lungo le siepi…». E l’invito sembra casuale, invece vuole esprimere la precisa volontà che nessuno sia escluso. È bello questo nostro Dio che quando è rifiutato, anziché abbassare le attese le alza: chiamate tutti! Che apre, allarga, gioca al rilancio, va più lontano; e dai molti invitati passa a tutti invitati: tutti quelli che troverete, cattivi o buoni, fateli entrare. Notate: prima i cattivi e poi i buoni… Noi non siamo chiamati perché siamo buoni e ce lo meritiamo, ma perché diventiamo buoni, lasciandoci incontrare e incantare da una proposta di vita bella, buona e felice da parte di Dio.
  1. L’abito nuziale che un commensale non indossa ed è gettato fuori. A capire che cosa rappresenti quell’abito ci aiuta una parola sussurrataci il giorno del Battesimo quando, ponendo sopra di noi una piccola veste bianca, il sacerdote ha detto: «Adesso rivestiti di Cristo!». Il nostro abito è Cristo! Passare la vita a rivestirci di Cristo, a fare nostri i suoi gesti, le sue parole, il suo sguardo, le sue mani, i suoi sentimenti; a preferire coloro che egli preferiva.

La parabola ci aiuta a non sbagliarci su Dio. Noi lo pensiamo come un Re che ci chiama a servirlo e invece è Lui che ci serve. Lo temiamo come il Dio dei sacrifici ed è il Dio cui sta a cuore la gioia; uno che ci impone di fare delle cose per lui e invece ci chiede di lasciargli fare cose grandi per noi.

Lo pensiamo lontano, separato, e invece è dentro la sala della vita, la sala del mondo, come una promessa di felicità, una scala di luce posata sul cuore e che sale verso Dio.

don Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2023 N 41 - Copertina

2023 – Echi di Vita N°41 – NELLA VIGNA DEL SIGNORE SI RACCOGLIE GIUSTIZIA E PACE

L’uomo dei campi, il nostro Dio contadino, guarda la sua vigna con gli occhi dell’amore e la circonda di cure: che cosa potevo fare di più per te che io non abbia fatto? Canto d’amore di un Dio appassionato, che fa per me ciò che nessuno farà mai.

Quale raccolto si attende il Signore?

Isaia: Aspettavo giustizia, attendevo rettitudine, non più grida di oppressi, non più sangue! Il frutto che Dio attende è una storia che non generi più oppressi, sangue e ingiustizia, fughe disperate e naufragi.

Nelle vigne è il tempo del raccolto.

Per noi lo è ogni giorno: vengono persone, cercano pane, Vangelo, giustizia, coraggio, un raggio di luce. Che cosa trovano in noi? Vino buono o uva acerba? La parabola cammina, però, verso un orizzonte di amarezza e di violenza.

In contrasto con la bassezza dei vignaioli emerge la grandezza del mio Dio contadino, un Signore che non si arrende, non è mai a corto di meraviglie, non ci molla e ricomincia dopo ogni rifiuto ad assediare il cuore con nuovi Profeti e servitori, e infine con il Figlio.

Costui è l’erede, uccidiamolo e avremo noi l’eredità!

La parabola è trasparente: la vigna è Israele, i vignaioli avidi sono le autorità religiose, che uccideranno Gesù come bestemmiatore.

Il movente è lo stesso: l’interesse, potere e denaro, tenersi il raccolto e l’eredità!

È la voce oscura che grida in ciascuno: sii il più forte, il più furbo, non badare all’onestà, e sarai tu il capo, il ricco, il primo. Questa ubriacatura per il potere e il denaro è l’origine di tutte le vendemmie di sangue della terra.

Cosa farà il padrone? La risposta delle autorità è secondo logica giudiziaria: una vendetta esemplare, nuovi vignaioli, nuovi tributi. La loro idea di giustizia si fonda sull’eliminare chi sbaglia. Gesù non è d’accordo. Lui non parla di far morire, mai; il suo scopo è far fruttificare la vigna: sarà data a un popolo che produca frutti.

La storia perenne di amore e tradimenti tra Dio e l’uomo non si concluderà né con un fallimento né con una vendetta, ma con l’offerta di una nuova possibilità: darà la vigna ad altri.

Tra Dio e l’uomo le sconfitte servono solo a far meglio risaltare l’amore di Dio.

Il sogno di Dio non è né il tributo finalmente pagato né la condanna a una pena esemplare per chi ha sbagliato, ma una vigna, un mondo che non maturi più grappoli rossi di sangue e amari di lacrime, che non sia una guerra perenne per il potere e il denaro, ma che maturi una vendemmia di giustizia e di pace, la rivoluzione della tenerezza, la triplice cura di sé, degli altri e del creato, come nell’ultima esortazione del Papa.

don Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2023 N 40 - Copertina

2023 – Echi di Vita N°40 – DISCEPOLI NEI FATTI, NON A PAROLE

«Un uomo aveva due figli», e si potrebbe tradurre così: un uomo aveva due cuori.

Siamo tutti così, contradditori e incerti, con due cuori: uno che dice sì e uno che lo contraddice.

Abbiamo tutti due anime: quella dell’apparire e del fingere per gli altri, e quella dell’essere veri anche se nessuno vede e sa.

Non si illude Gesù. Conosce bene come siamo fatti: non esiste un terzo figlio ideale, in cui senza contraddizioni avvenga l’incontro perfetto del dire e del fare. Così noi: cristiani solo a parole o con i fatti?

Primo attore della breve parabola è il padre, che va’ verso i suoi figli, si fa vicino, li cerca, chiede loro di lavorare in una vigna che non dice «mia», ma sottintende «nostra», che al ri­fiuto non si scandalizza e non si deprime.

C’è poi un figlio vivo e reattivo, impulsivo, che prima di aderire a suo padre prova il bisogno imperioso, vitale, di fronteggiarlo, di misurarsi con lui, di contraddirlo, che non ha nulla di servile, libero da sudditanze e da paure.

L’altro figlio, che dice e non fa’, è invece un adolescente immaturo, che si accontenta di apparire, cui importa non la verità e la coerenza ma il giudizio degli altri. Qualcosa poi accade e viene a disarmare il rifiuto del figlio che ha detto no.

Tutto in una parola: ‘si pentì’, cioè ‘cambiò il modo di vedere’ il padre e il lavoro.

La differenza decisiva tra i due ragazzi: uno diventa figlio e coinvolto, l’altro rimane un servo esecutore di ordini. Chi dei due ha fatto la volontà del padre?

È il passaggio centrale: volontà di Dio non è mettere alla prova l’obbedienza o la coerenza dei figli, è invece una vigna dai grappoli colmi di sole e di miele. Il suo progetto, suo e mio, si realizza nei frutti buoni che ognuno può portare per la vita del mondo.

Ciò che Dio sogna non è l’obbedienza o la fatica, ma far maturare la vigna della storia. Se agisci così fai vivere te stesso, dice il profeta Ezechiele nella I lettura, fai viva la tua vita!

E il vangelo si diffonderà a partire da tutte le piccole vigne nascoste, dove ciascuno si impegna a rendere meno arida la terra, meno soli gli uomini, meno contraddittorio il cuore.

don Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2023 N 39 - Copertina

2023 – Echi di Vita N°39 – LA GIUSTIZIA DI DIO E’ DARE A CIASCUNO IL MEGLIO

Per tre domeniche di seguito Gesù ci racconta parabole di vigne. È una delle immagini che ama di più, al punto che arriva a definire se stesso come vite e noi come tralci, per dire che il progetto di Dio per il mondo, sua vigna, è una vendemmia profumata, un vino di festa, una promessa di felicità.

   Il proprietario terriero esce di casa all’alba, si reca sulla piazza del paese e assolda operai per la sua vigna: c’è un lavoro da compiere, molto lavoro, al punto che esce ancora per altre quattro volte e ogni volta assume nuovi operai. A questo punto però qualcosa non torna: che senso ha assumere lavoratori quando manca un’ora soltanto al tramonto? Il tempo di arrivare alla vigna, di prendere gli ordini dal fattore, e sarà subito sera. Di quale utilità saranno, a quanto potrà ammontare la giusta paga?

Allora nasce il sospetto che il padrone non assuma operai per le necessità della sua azienda, ma per un altro motivo. Nessuno ha pensato a questi ultimi, allora ci penserà lui, non per il suo ma per il loro interesse, preoccupandosi non dei suoi affari, ma del loro bisogno: non lavorare significa infatti non mangiare.

Questo padrone spiazza di nuovo tutti al momento della paga: gli ultimi sono pagati per primi, e ricevono per un’ora sola di lavoro la paga di un giorno intero. Non è una paga, ma un regalo.

Mi commuove il Dio presentato da Gesù, un Dio che con quel denaro, che giunge insperato e benedetto a quattro quinti dei lavoratori, intende alimentare le loro vite e le loro famiglie. È il Dio della bontà senza perché, vertigine nei normali pensieri, che trasgredisce tutte le regole dell’economia, che sa ancora saziarci di sorprese.

Nessun padrone farebbe così. Ma Dio non è un padrone, neanche il migliore dei padroni. Dio non è il contabile del cosmo. Un Dio ragioniere non converte nessuno. Quel denaro regalato ha lo scopo di assicurare il pane per oggi e la speranza per domani a tutte le case.

Gli operai della prima ora quando ricevono il denaro pattuito, sono delusi: non è giusto, dicono, noi meritiamo di più degli altri. Ma il padrone: Amico, non ti faccio torto. Il padrone non è stato ingiusto, ma generoso. Non toglie nulla ai primi, aggiunge agli altri. E lancia tutti in un’avventura sconosciuta: quella della bontà. Che non è giusta, è oltre, è molto di più.

don Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2023 N 38 - Copertina

2023 – Echi di Vita N°38 – LA MISURA DEL PERDONO NON E’ MAI COLMA

“Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette”. Cioè, sempre.

L’unica misura del perdono è perdonare senza misura. Ma perché farlo? La risposta è semplice e alta: perché così fa Dio.

Gesù lo spiega con la parabola dei due debitori. Il primo doveva una cifra iperbolica al suo re, qualcosa che non sarebbe mai riuscito a pagare: allora, gettatosi a terra, lo supplicava. E il re provò compassione. Sente come sua l’angoscia del servo, essa conta più dei suoi diritti, pesa più di diecimila talenti, allarga il cuore del re.

C’è un modo regale di stare nel mondo, un modo divino, e risiede nella larghezza di cuore: sa perdonare chi è più grande e più forte.

E in opposizione a questo cuore regale ecco il cuore servile: appena uscito quel servo trovò un altro servo…

Appena uscito, non una settimana dopo, non il giorno dopo, non un’ora dopo. Appena uscito, ancora immerso in una gioia insperata, appena liberato, appena restituito al futuro e alla famiglia, appena fatta l’esperienza di un cuore regale, preso il suo compagno per il collo lo strangolava, gridando: ridammi le mie mille lire, lui, perdonato di miliardi.

Il servo perdonato non agisce contro il diritto o la giustizia. È giusto e spietato. È onesto e al tempo stesso cattivo. Quanto è facile essere giusti e spietati, onesti e cattivi! Perché non basta essere giusti per essere uomini, tanto meno per essere di Dio.

Giustizia e diritto da soli non bastano a fare nuovo il mondo. Anzi, l’estrema giustizia, ridammi le mie mille lire, può contenere la massima offesa all’uomo: presolo per il collo lo strangolava.

Gesù propone l’illogica pietà: non dovevi anche tu avere pietà di lui, come io ho avuto pietà di te? Perché avere pietà e perdonare? Per acquisire il cuore di Dio, immettere il suo divino disordine dentro l’equilibrio apparente del mondo. Perché niente vale quanto una vita. E allora occorre una dismisura, il perdono fino a settanta volte sette, un eccesso di pietà.

Occorre il perdono di cuore. È difficilissimo perdonare di cuore. Comporta un atto di fede, non d’intelligenza. Nell’uomo. Un atto di speranza, non di spontaneità. Nell’uomo.

Dio perdona come un liberatore. Ti lancia in avanti. Ti fa salpare ancora verso albe intatte, come vento che gonfia le vele, supplemento d’energia. Ti perdona come atto di fede in te, cuore largo verso il tuo futuro.

don Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2023 N 37 - Copertina

2023 – Echi di Vita N°37 – FAR CRESCERE LA FRATERNITA’ E’ IL TESORO DELLA STORIA

Tutto comincia quando ci sentiamo debitori, dice Paolo, quando ci sentiamo custodi dell’altro, dice il Profeta. Debitori senza pretese e custodi attenti: sono i due nomi belli di ogni persona in relazione. E il terzo è offerto dal Vangelo: restauratori di legami, coloro che incessantemente rammendano il tessuto continuamente lacerato delle relazioni.

Se tuo fratello commetterà una colpa contro di te, vai e ammoniscilo. Tu fa il primo passo, ricomincia il dialogo, sospinto dal vento di comunione che è Dio. Quando un io e un tu ricompongono un noi, quando riparano l’alleanza, il legame che si ri-crea è il mattone elementare della casa comune, il sentiero del Regno, la porta di Dio.

Ma che cosa mi autorizza a intervenire nella vita di una persona? Nient’altro che la parola ‘fratello’, percepire l’altro come fratello o sorella, non l’impalcarsi a difesa della verità, non il credersi i raddrizzatori dei torti del mondo, ciò che ci autorizza è la custodia, direbbe Ezechiele, è l’I care di don Milani.

Mi stai a cuore e mi prendo cura. Solo chi ci ama sa prendersi cura e ammonirci nel modo giusto, gli altri sanno solo ferire o adulare. Dopo aver così interrogato il tuo cuore, tu va’ e parla, tu fa il primo passo, prova tu a riallacciare la relazione. Lontano dalle apparenze, nel cuore della vita, tutto inizia dal mattoncino elementare della realtà, il rapporto io-tu.

Se ti ascolta, avrai guadagnato tuo fratello. Verbo stupendo: guadagnare un fratello. C’è gente che accumula denaro, gente che guadagna prestigio o potere, e poi c’è gente che guadagna fratelli.

Il crescere della fraternità è il tesoro della storia, dobbiamo investire tutto nel capitale relazionale, l’unico investimento che produce vera crescita. E alla fine del percorso di ricomposizione tracciato da Gesù, il Vangelo riporta una frase da capire bene: se non ascolta neppure i testimoni, neppure la comunità, quel fratello sia per te come il pagano e il pubblicano.

Lo considererai un escluso, uno scarto, un rifiuto? No. Con lui ti comporterai come Gesù, che siede a mensa con Matteo e i pubblicani di Cafarnao, che discute di figli, di briciole e cagnolini con una donna pagana.

Questo percorso mi fa sentir bene dentro la prima espressione del Vangelo di oggi: quando due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro. Parola che scavalca la liturgia. Il Signore respira meglio quando è catturato dentro quei nostri abbracci che, qualche volta almeno, ci hanno fatto meravigliosamente perdere il fiato.

don Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2023 N 36 - Copertina

2023 – Echi di Vita N°36 – LO SCANDALO DELL’AMORE DISARMATO

Gesù incominciò a dire che doveva molto soffrire e venire ucciso!

Questo è lo scandalo del cristianesimo, un Dio che entra nel dolore e nella morte perché nel dolore e nella morte entra ogni suo figlio.

   È la sorpresa di Pietro: Dio non voglia, questo mai!

Tu vuoi salvare questo mondo che ha problemi immensi, lasciandoti uccidere?

Sei un illuso, il mondo non sarà salvo per un crocifisso in più. Usa altri mezzi: il potere, il miracolo, l’autorità.

Ed è proprio questo che Gesù rifiuta. Sceglie invece i mezzi più poveri: l’amore disarmato, il cuore limpido, il non fare violenza mai, il perdono fino alla fine, l’abbraccio al lebbroso.

Se uno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.

Se uno vuol venire… Ma perché dovrei voler questo? Qual è la molla?

Lo rivela Gesù stesso poco oltre: se uno vuol salvare la propria vita…

L’energia della sequela è un istinto di vita, bello e originario.

Rinneghi se stesso. Parole pericolose se capite male. Rinnegarsi non significa annullarsi, diventare sbiadito e incolore.

Gesù non vuole dei frustrati al suo seguito, ma gente che ha fruttificato appieno i suoi talenti.

Vuol dire: non sei tu il centro dell’universo, non sei tu la misura del tutto. Sei dentro una forza più grande. Il tuo segreto è oltre te.

Prenda la sua croce. E l’abbiamo interpretato come: soffri con pazienza, accetta, sopporta. Una esortazione alla rassegnazione. Ma non occorreva certo Gesù per dire questo. La croce nel Vangelo è l’impensabile di Dio, è la prova che Dio ama me più della propria vita.

Per capire basta sostituire la parola Croce con la parola amore: «Se qualcuno vuole venire con me, prenda su di sé tutto l’amore di cui è capace».

Prendi la tua porzione di amore, altrimenti non vivi; prendi la porzione di croce che ogni amore comporta, altrimenti non ami. Tutti, io per primo, abbiamo paura del dolore.

Ci sia concessa, però, la grazia di non aver paura di amare: sarebbe paura di vivere.

don Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2023 N 35 - Copertina

2023 – Echi di Vita N°35 – UN AMORE CHE SFUGGE ALLE PAROLE

La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo? La risposta bella e al tempo stesso sbagliata: dicono che sei un profeta.

Gesù pone la seconda domanda, preceduta da un ma: Ma voi – come se i Dodici fossero di un altro mondo, mai omologati al pensiero dominante – voi chi dite che io sia? La terza domanda è implicita, diretta a me: tu chi dici che io sia? Gesù non chiede: Cosa avete imparato? Che parola vi ha colpito? Qual è il centro del mio insegnamento? Ma: chi sono io per te? Tu con il tuo cuore, con la tua fatica, la tua gioia e il tuo peccato, tu cosa dici di Gesù Cristo?

Le parole più vere sono sempre al singolare, e mai parole d’altri. Non servono libri o catechismi, non studi, letture, o risposte imparate, ma ciascuno dissetato alle fonti di Dio, inciso un giorno dalla spada a due tagli della sua Parola, ciascuno, caduto e risorto, può dare la sua risposta.

Tu sei per me un “crocifisso amore”. L’amore ha scritto il suo racconto sul tuo corpo con l’alfabeto delle ferite, indelebili come l’amore. Tu sei per me un “disarmato amore”, che mai sei entrato nei palazzi dei re, mai hai radunato eserciti, e in questo mondo di arroganti hai detto. Tu sei per me un “inseparato amore”, perché nulla mai, né angeli né demoni, né cielo né abisso, nulla mai ci separerà dal tuo amore di Dio. Nulla, mai. Due parole assolute, perfette, totali: inseparabile sono dall’amore.

I due simboli di oggi sono la chiave e la roccia. Pietro è roccia nella misura in cui ancora trasmette Cristo, tesoro per l’intera umanità. E’ roccia nella misura in cui mostra che Dio è vivo fra noi, crocifisso amore, disarmato amore, inseparato amore. Ma ogni discepolo è roccia e chiave. Chiave che apre le porte belle di Dio, roccia su cui far conto per costruire la casa comune. Chiamato a legare e sciogliere, a creare nel mondo strutture di riconciliazione.

Voi chi dite che io sia? Non mi basta dire Dio; Cristo non è ciò che dico di lui, ma ciò che vivo di lui, come la vita non sta nelle mie parole sulla vita, ma nel mio patirla. Non una dottrina, non una morale, il cristianesimo è una Persona.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2023 N 34

2023 – Echi di Vita N°34 – IL DOLORE DI UNA MADRE E’ FONTE DELLA FEDE

Dalla donna delle ‘briciole’ un forte insegnamento di chi mai si arrende, ma riesce a cambiare perfino l’idea di Gesù.

Una donna cananea converte Gesù dal dolore di Israele al dolore del mondo: la splendida arroganza di una madre ottiene, attraverso le sue parole, un intervento speciale che le restituisce la figlia salva. Quali le sue parole?

Le parole non sono sempre un veicolo del cuore, ma solo quelle realizzano i desideri più importanti.

La prima parola è la semplice preghiera: Signore, pietà!

Perdono non per i suoi peccati, ma per il dolore che la sta distruggendo, per la situazione difficile che sta vivendo, per la consapevolezza che non ci sono vie da perseguire.

Ma il dolore ti fa ripetere le domande, non ti fa rassegnare, ti fa insistere anche dinanzi alle risposte brusche-negative di Gesù.

La seconda parola è piena di passione: Signore, aiutami!

“Il pane dei figli non si getta ai cani”. E’ qui tutta l’intelligenza, che ha il sapore della genialità: “anche i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola!”

Fai una briciola di miracolo per tutti i ‘cagnolini’ del mondo, che non hanno la fortuna di sedere alla tavola, che non sono stati invitati alla mensa, che non vivono della cordialità di un pasto fraterno. Un miracolo per il “mio cucciolo”, per mia figlia.

La parola ha sempre la sua potenza: non ci sono differenze tra uomini e cagnolini, ma solo persone da saziare ed ogni briciola sazia, perché l’amore di Dio che ci è donato in piccola quantità, in dosi giornaliere, contiene tutta la sua realtà di vita: sazia.

Gesù, commosso da tali parole, è una madre che ama come Dio e il Cristo ritrova nelle parole della donna la sua missione: Donna, grande è la tua fede!

La fede esiste sulla terra per l’amore di ogni madre che sa insistere nel chiedere con il cuore e sa attendere con fiducia l’intervento di Dio che non tarda a farsi sentire.

La fede esiste sulla terra per il dolore che diventa preghiera e offerta di sé, per tutte quelle madri che non disperano e sanno che il cuore di Dio è il cuore di una madre.

Salvare i figli è compito della Madre Chiesa che intercede, sempre, per il dolore del mondo. E’ compito di ogni cristiano che ama con generosità e cura le ferite dei suoi fratelli.

Ogni Domenica noi riceviamo le “briciole” dell’Eucaristia, amati e rigenerati dall’amore di Dio, in Gesù suo Figlio, che continua a commuoversi dinanzi al grido sincero di ognuno di noi:

Signore, aiutami! Signore, abbi pietà!

Signore, donami il tuo pane, che porteremo a chi sta male.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2023 N 33

2023 – Echi di Vita N°33 – LA MANO DI DIO TRA LE NOSTRE TEMPESTE

I discepoli si sentono abbandonati nel momento del pericolo, lasciati soli a lottare contro le onde per una lunga notte.  Come loro anche noi ci siamo sentiti alle volte abbandonati, e Dio era lontano, assente, era muto. Eppure un credente non può mai dire: io sono solo, perché non siamo mai soli, perché intrecciato al nostro respiro c’è sempre il respiro di Dio, annodata alla nostra forza è la forza di Dio.

   Infatti Dio è sul lago: è nelle braccia di chi rema, è negli occhi che cercano l’approdo. E la barca, simbolo della nostra vita fragile, intanto avanza nella notte e nel vento non perché cessa la tempesta, ma per il miracolo umile dei rematori che non si arrendono, e ciascuno sostiene il coraggio dell’altro.

Poi Pietro vede Gesù camminare sul mare: «Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque». Pietro domanda due cose: una giusta e una sbagliata. Chiede di andare verso il Signore. Domanda bellissima, perfetta: che io venga da te. Ma chiede di andarci camminando sulle acque, e questo non serve. Non è sul mare dei miracoli che incontrerai il Signore, ma nei gesti quotidiani. «E venne da Gesù» dice il Vangelo. Pietro guarda a lui, non ha occhi che per quel volto, ha fede in lui, e la sua fede lo rende capace di ciò che sembrava impossibile.

Poi la svolta: ma vedendo che il vento era forte, si impaurì e cominciò ad affondare.  In pochi passi, dalla fede che è saldezza, alla paura che è palude dove sprofondi.  Cosa è accaduto? Pietro ha cambiato la direzione del suo sguardo, la sua attenzione non va più a Gesù ma al vento, non fissa più il Volto, ma la notte e le onde.

Quante volte anch’io, come Pietro, se guardo al Signore e alla sua forza, posso affrontare qualsiasi tempesta; se guardo invece alle difficoltà o ai miei limiti, mi paralizzo. Tuttavia dalla paura nasce un grido: Signore salvami! Un grido nel buio, nel vento. E dentro il grido c’è già un abbraccio: ho poca fede, credo e dubito, ma tu aiutami! Ed è proprio là che il Signore Gesù ci raggiunge, al centro della nostra debole fede. Ci raggiunge e non punta il dito per accusarci, ma tende la mano per afferrare la nostra e tramutare la paura in abbraccio.

don Alfredo Di Stefano

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