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San Lorenzo Parrocchia _Echi Di Vita _30 _Evidenza

2025 – Echi di Vita N°30 – DIO ESAURISCE SEMPRE LE SUE PROMESSE

Signore insegnaci a pregare!

Tutte le preghiere di Gesù riportate dai Vangeli iniziano con la stessa tipica parola: «Padre», il modo migliore per rivolgersi a Dio.

Ma specifico di Gesù, esclusivamente suo, è il termine originario «Abbà» che i Vangeli riportano nella lingua di Gesù, l’aramaico, e il cui senso è «papà, babbo».

È la parola del bambino, il dialetto del cuore, il balbettio del figlio piccolo. È parola di casa, non di sinagoga; sapore di pane, non di tempio.

Nel linguaggio corrente la parola «pregare» indica l’insistere, il convincere qualcuno, il portarlo a cambiare atteggiamento. Pregare per noi equivale a chiedere.

Per Gesù no: pregare equivale a evocare dei volti: quello del Padre e quello di un amico.

Nella preghiera di Gesù l’uomo si interessa della causa di Dio (il nome, il regno, la volontà) e Dio si interessa della causa dell’uomo (i/ pane, il perdono, il male), ognuno è per l@ltro.

E imparo a pregare senza mai dire ‘io’, senza mai dire ‘mio’, ma sempre ‘Tu e nostro': il tuo Nome, il nostro pane, Tu dona, Tu perdona.

Il Padre nostro mi vieta di chiedere solo per me: il pane per me è un fatto materiale, il pane per mio f ratello è un fatto spirituale.

Pregare, quindi, per cambiare la storia.

«Amico prestami tre pani perché è arrivato un amico».

Una storia di amicizia svela il segreto della preghiera.

La parabola mette in scena tre amici: l’amico povero, l’amico del pane e il viaggiatore inatteso, carico di fame e di stanchezze, che rimane sullo sfondo, ma è in realtà una figura di primo piano.

Rappresenta tutti coloro che bussano alla mia porta, che senza essere attesi sono venuti, che mi hanno chiesto pane e conforto.

A Gesù sta a cuore la causa dell’uomo oltre a quella di Dio: non vuole che la preghiera diventi un dialogo chiuso, ma che faccia circolare l’amore.

Da duemila anni ripetiamo il Padre Nostro, ma non siamo diventati fratelli e il pane continua a mancare.Una domanda enorme corrode le nostre preghiere: Dio esaudisce?

«Dio esaudisce sempre, ma non le nostre richieste bensì le sue promesse» (Bonhoeffer): lo sarò con te, fino alla fine del tempo.

Dio si coinvolge, intreccia il suo respiro con il mio, mescola le sue lacrime con le mie.

Se pregando non ottengo la cosa che chiedo, ottengo però sempre un volto di Padre e il sogno di un abbraccio.

In questo Giubileo la preghiera rinnova in noi il volto del Padre e dei fratelli.

don Alfredo Di Stefano
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San Lorenzo Parrocchia _Echi Di Vita _29 _Evidenza

2025 – Echi di Vita N°29 – DIO NON CERCA SERVITORI, MA AMICI

Mentre erano in cammino … una donna di nome Marta lo ospitò.
Ha la stanchezza del viaggio. Allora riposare nella frescura amica di una casa, mangiare in compagnia sorridente è un dono, e Gesù lo accoglie con gioia.

Quando una mano gli apre una porta, lui sa che n dentro c’è un cuore che si è schiuso all’amore. Ha una meta, Gerusalemme, ma lui non «passa oltre» quando incontra qualcuno. Per lui, come
per il buon Samaritano, ogni incontro diventa una meta, un obiettivo.

Gesù entra nella casa di due donne d’Israele: estromesse dalla formazione religiosa, va direttamente nella loro casa, perché
quello è il luogo dove la vita è più vera. E il Vangelo deve diventare vero nel cuore della vita.

Maria, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola.
Sapienza del cuore, il fiuto per saper scegliere ciò che fa bene alla vita, ciò che regala pace e forza.
Mi piace immaginare questi due totalmente presi l’uno dall’altra: lui a darsi, lei a riceverlo. A Maria doveva bruciare il cuore quel giorno. Da quel momento la sua vita è cambiata.

Maria è diventata feconda, grembo dove si custodisce il seme della Parola, e per questo non può non essere diventata apostola. Per il resto dei suoi giorni a ogni incontro avrà donato ciò che Gesù le aveva seminato nel cuore.

Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose.
Gesù, affettuosamente come si fa con gli amici, rimprovera Marta, ma non contraddice il suo servizio bensì l’affanno, non il cuore generoso di Marta ma l’agitazione. A tutti ripete: attento a un troppo che è in agguato, a un troppo che può sorgere e ingoiarti, che affanna, che distoglie il volto degli altri.

Marta -sembra dire Gesù, a lei e a ciascuno di noi- prima le persone, poi le cose.

Gesù non sopporta che Marta sia confinata in un ruolo di servizio, che si perda nelle troppe faccende di casa: tu, le dice Gesù, sei molto di più; tu puoi stare con me in una relazione diversa, non solo di scambio di servizi. Tu puoi condividere con me pensieri, sogni, emozioni, conoscenza, sapienza.

«Maria ha scelto la parte migliore», ha iniziato cioè dalla parte giusta il cammino che porta al cuore di Dio. Perché Dio non cerca servitori, ma amici, non cerca delle persone che facciano delle cose per lui, ma gente che gli lasci fare delle cose dentro di sé.

don Afredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia _Echi di Vita _28 _eVIDENZA

2025 – Echi di Vita N°28 – LA NOSTRA PASQUA ESTIVA

In Colui che è stato crocifisso per noi, noi troviamo la speranza per la nostra vita. La speranza che non
delude, quella speranza che Papa Francesco ci ha indicato come frutto dell’anno giubilare.
Stringerci attorno al SS. Crocifisso, permette a noi di allargare lo sguardo, uno sguardo di compassione e
di amore, verso tutte le vittime innocenti della storia e anche dei nostri giorni.
Quanti Crocifissi si contano ancora oggi! Quante persone innocenti, che non hanno alcuna colpa, che
non c’entrano niente con le ingiustizie e le guerre, muoiono come Cristo su di una croce.
Sono migliaia e migliaia, un numero dawero impressionante.
Primi fra tutti quelli che sono crocifissi a causa della loro fede in Gesù e poi quelli che cercano un mondo
di giustizia e di pace e poi ancora quelli che sono vittime ignare della cattiveria altrui, quelli che muoiono
vittime del lavoro, che muoiono vittime di femminicidi, quelli che sono crocifissi dalle guerre, anche quei
soldati che muoiono per guerre che sono sempre ingiuste o tutti quei civili che muoiono sotto mostruosi
bombardamenti.
Non possiamo guardare al SS. Crocifisso senza che il nostro cuore si allarghi alla compassione e al dolore
per i nostri fratelli e sorelle, che muoiono vittime della cattiveria umana.
Guardare e adorare il SS. Crocifisso significa allora prendere coscienza della nostra personale responsabilità,
del nostro esigente dovere di essere costruttori di pace, di essere operatori di giustizia e di a more, del
nostro necessario impegno nel prenderci cura degli altri e dell’immensa umanità crocifissa.
E’ questo il nostro compito: presentare Lui, la sua storia, la sua vicenda, la sua morte per noi, Lui risorto
e vivo per dare speranza a tutti.
Da una parte siamo chiamati a fare di Lui la nostra vita, a vivere in Lui tutta la nostra esistenza, a non
considerarlo mai un estraneo rispetto alle nostre vicende quotidiane, dall’altra siamo chiamati a presentarlo
a tutti, anche a chi non crede o non ha la nostra fede, a proporlo come via di salvezza e di amore.
Sono certo -ed è anche il mio augurio- che tutto questo darà senso e gioia alla festa della nostra città.

don Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia IT - Echi di Vita 2025 07 06 - n 027 _Evidenza

2025 – Echi di Vita N°27 – L’ANNUNCIO, CONTAGIO BUONO

Partono senza pane, né sacca, né denaro, senza nulla di superfluo, anzi senza nemmeno le cose più utili.

Solo un bastone cui appoggiare la stanchezza e un amico a sorreggere li cuore. Senza cose.

Perché l’incisività del messaggio non sta nello spiegamento di forza o di meui, ma nel bruciore del cuore dei discepoli, sta in quella forza che ti fa partire, e che ha nome: Dio.

La forza del Vangelo, e del cristianesimo, non sta nell ‘organizzazione, nei mass-media, nel denaro, nel numero. Ancora oggi passa di cuore In cuore, per un contagio buono.
Partono senza cose, perché risalti il primato dell’amore.

L’abbondanza di mezzi forse ha spento la creatività nelle chiese. Il viaggio dei discepoli è come una discesa verso l’uomo essenziale, verso quella radice pura che è prima del denaro, del
pane, dei ruoli. Anche per questo saranno perseguitati, perché capovolgono tutta una gerarchia di valori.

Gesù affida ai discepoli una missione che concentra attorno a tre nuclei: Dove entrate dite: pace a questa casa; guarite i malati; dite loro: è vicino a voi il Regno di Dio.
I tre nuclei della missione: seminare pace, prendersi cura, confermare che Dio è vicino.

Portano pace. E la portano a due a due, perché non si vive da sol i, la pace. La pace è relazione. Comporta almeno un altro, comporta due in pace, in attesa dei molti che siano in pace, dei tutti che siano in pace.

Guariscono i malati. La guarigione comincia dentro, quando qualcuno si avvicina, ti tocca, condivide un po’ di tempo e un po’ di cuore con te. Esistono malattie inguaribili, ma nessuna incurabile, nessuna di cui non ci si possa prendere cura.

Poi l’annuncio: è vicino, si è avvicinato, è qui il Regno di Dio. li Regno è il mondo come Dio lo sogna. Dove la vrta è guarita, dove la pace è fiorita. Dite loro: Dio è vicino, più vicino a te di te stesso; è qui, come intenzione di bene, come guaritore della vita.

E poi la casa. Quante volte è nominata la casa in questo brano! La casa, il luogo più vero, dove la vita può essere guarita. il cristianesimo dev’essere significativo nel nostro quotidiano, nei giorni delle lacrime e della festa, nei figli buoni e in quelli prodighi, quando l’amore sembra lacerarsi, quando l’anziano perde il senno e la sa Iute.

Lì la Parola è conforto, forza, luce; lì scende come pane e come sale, sta come roccia la Parola di Dio, a sostenere la casa. Il Giubileo ci aiuti a vivere la casa della comunità.

don Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrochia 2025 06 29 _Echi di vita _n 26 _Evidenza

2025 – Echi di Vita N°26 – UNA DOMANDA CHE FA VIVERE

La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?

La risposta è bella e insieme sbagliata: Dicono che sei un profeta, una creatura di fuoco e di luce, come Elia; una creatura di forza e di vento, come il Battista; profeta, voce di Dio e suo respiro.

Ma voi, chi dite che io sia?

Gesù è la domanda dentro le nostre risposte facili, è domanda che risveglia, che fa vivere. Dio crea la fede attraverso domande.

Ma voi… La domanda è preceduta da una contrapposizione: Ma voi, voi invece, che cosa dite?

Voi che mi seguite da anni, voi che mi avete visto sorridere, piangere, respirare, moltiplicare il pane.

Pietro risponde: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente.

E Gesù: Su questa pietra edificherò la mia Chiesa.

Pietro è roccia per la Chiesa, e per l’uomo, nella misura in cui ripete che Dio si è donato in Cristo, che Cristo, crocifisso, è vivente, che tutti siamo figli nel Figlio. Questa è la fede, roccia, il primato di Pietro che costruisce la Chiesa.

Come Pietro, modello del credente, anch’io sono chiamato a diventare roccia e chiave: roccia che dà

appoggio, sicurezza, stabilità al fratello che mi è affidato; chiave che apre le porte belle di Dio, di un Regno dove la vita fiorisca.

Come Pietro anch’io chiamato a legare e a sciogliere, a creare cioè nella mia storia strutture di riconciliazione, di prossimità.

Ma tu, chi dici che io sia?

Io capisco di Cristo solo ciò che vivo di Cristo. La vita non sta in ciò che dico della vita, ma in ciò che vivo della vita.

Cristo non è uno che devo capire, ma uno che mi attrae; non uno che interpreto, ma uno che mi afferra. La croce non ci fu data per capirla, ma per aggrapparci ad essa. «Capire» Gesù, definirlo, può essere anche facile, ma «com-prenderlo» nel senso originario di prendere per me, afferrare, stringere, possedere il suo segreto, è possibile solo se la sua vita mi ha «afferrato».

Corro perché conquistato, dice Paolo: corro perché preso, vinto, prigioniero, sedotto da Cristo.

La nostra vita non avanza per decreti, ma per una passione. Non per colpi di volontà, ma per attrazione, lo sono cristiano per divina seduzione: io, prigioniero di Cristo (Ef 4,1), afferrato da Lui, corro per afferrarlo.

In questo Giubileo la forza per confessarlo e vivere di Lui.

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San Lorenzo Parrochia 2025 06 22 _Echi di vita _n 25 _Evidenza

2025 – Echi di Vita N°25– QUEL DONO DEL “PANE” PER TUTTI E INSIEME

Mandali via, è sera ormai, e siamo in un luogo deserto.

Gli apostoli si preoccupano per la folla, ne condividono la fame, ma non vedono soluzioni: «lascia che ciascuno vada a risolversi i suoi problemi, come può, dove può».

Ma Gesù non ha mai mandato via nessuno. Anzi vuole fare di quel luogo deserto una casa calda di pane e di affetto. E condividendo la fame dell’uomo, condivide il volto del Padre: alcuni uomini hanno così tanta fame, che per loro Dio non può avere che la forma di un pane.

E allora imprime un improvviso cambio di direzione al racconto, attraverso una richiesta illogica ai suoi: Date loro voi stessi da mangiare, asciutto, concreto: date.

Nel Vangelo il verbo amare si traduce sempre con un altro verbo, fattivo, di mani: dare.

Ma è una richiesta impossibile: non abbiamo che cinque pani e due pesci. Un pane per ogni mille persone e due pesciolini: è poco, quasi niente, non basta neppure per la nostra cena.

Ma il Signore vuole che nei suoi discepoli metta radici il suo coraggio e il miracolo del dono.

C’è pane sulla terra a sufficienza per la fame di tutti, ma non è sufficiente per l’avidità di pochi. Eppure chi dona non diventa mai povero. La vita vive di vita donata.

Fateli sedere a gruppi. Nessuno da solo, tutti dentro un cerchio, tutti dentro un legame; seduti, come si fa per una cena importante; fianco a fianco, come per una cena in famiglia: primo passo per entrare nel gioco divino del dono.

Fuori, non c’è altro che una tavola d’erba, primo altare del vangelo, e il Iago sullo sfondo con la sua abside azzurra. La sorpresa di quella sera è che poco pane condiviso tra tutti, che passa di mano in mano e ne rimane in ogni mano, diventa sufficiente, si moltiplica in pane infinito.

La sorpresa è vedere che la fine della fame non consiste nel mangiare da solo, a sazietà, il mio pane, ma nello spartire il poco che ho, e non importa cosa: due pesci, un bicchiere d’acqua fresca, olio e vino sulle ferite, un po’ di tempo e un po’ di cuore, una carezza amorevole.

Sento che questa è la grande parola del pane, che il nostro compito nella vita sa di pane: non andarcene da questa terra senza essere prima diventati pezzo di pane buono per la vita e la pace di qualcuno.

Tutti mangiarono a sazietà.

Quel “tutti” è importante. Sono bambini, donne, uomini. Sono santi e peccatori, sinceri o bugiardi, nessuno escluso. Prodigiosa moltiplicazione: non del pane ma del cuore.

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San Lorenzo Parrochia 2025 06 15 _Echi di vita _n 24 _Evidenza

2025 – Echi di Vita N°24 – CIO’ CHE E’ DEL PADRE E’ ANCHE NOSTRO

La Trinità si delinea in filigrana, nel Vangelo di oggi, non come fosse un dogma astratto ma come un accadimento di vita, una azione che ci coinvolge.

Lo Spirito mi glorificherà: prenderà del mio e ve lo annuncerà.

La gloria per Gesù, ciò di cui si vanta, la pienezza della sua missione consiste in questo: che tutto ciò che è suo sia anche nostro. Dio gode nel mettere in comune. Ciò per cui Cristo è venuto: trasmettere se stesso e far nascere in noi tutti un Cristo iniziale e incompiuto, un germe divino incamminato.

Tutto quello che il Padre possiede è mio. Il segreto della Trinità è una circolazione di doni dentro cui è preso e compreso anche l’uomo; non un circuito chiuso, ma un flusso aperto che riversa amore, verità, Intelligenza fuori di sé, oltre sé. Una casa aperta a tutti gli amici di Gesù.

Nel dogma della Trinità c’è un sogno per l’umanità. Se Dio è Dio solo in questa comunione di doni, allora anche l’uomo sarà uomo solo nella comunione.

E questo contrasta con i modelli del mondo, dove ci sono tante vene strozzate che ostruiscono la circolazione della vita, e vene troppo gonfie dove la vita ristagna e provoca necrosi ai tessuti.

Ci sono capitali accumulati che sottraggono vita ad altre vite; intelligenze cui non è permesso di fiorire e portare il loro contributo all’evoluzione dell’umanità; linee tracciate sulle carte geografiche che sono come lacci emostatici, e sia di qua che di là, per motivi diversi, si soffre…

Come nel racconto della ospitalità di Abramo, alla querce di Mambre: arriva uno sconosciuto all’accampamento e Abramo con dolce insistenza lo forza a fermarsi e a mettersi a tavola.

All’inizio è uno solo, poi senza spiegazione apparente, i personaggi sono tre. E noi vorremmo capire se è Dio o se sono solo dei viandanti. Vorremmo distinguere ciò che non va distinto. Perché quando accogli un viandante, tu accogli un angelo, l’ha detto Gesù: ero straniero e mi avete accolto.

L’ospitalità di Abramo al Dio Viandante, Uno e Tre, ha un premio: la fecondità dì Sara che sarà madre. Forse qui c’è lo scintillio di un rimedio per la nostra epoca che sta appassendo come il grembo di Sara: riprendiamo anche noi, soprattutto in questo Giubileo, il senso dell’accoglienza e ci sarà vita nella tenda, vita nella casa.

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San Lorenzo Parrochia 2025 06 01 _Echi di vita _n 22 _Evidenza

2025 – Echi di Vita N°22 – LA BENEDIZIONE INFINITA DI GESÙ’

«E, alzate le mani, li benediceva». L’ultima immagine di Gesù sono le sue mani alzate a benedire.

«E, mentre li benediceva, veniva portato su, in cielo».

Quella benedizione è la sua parola definitiva, raggiunge ciascuno di noi, non è più terminata, non è mai finita. Una infinita benedizione che rimane tra cielo e terra, si stende come una nube di primavera sulla storia intera, su ogni persona, è tracciata sul nostro male di vivere, sull’uomo caduto e sulla vittima, ad assicurare che la vita è più forte delle sue ferite.

Nella Bibbia la benedizione indica sempre una forza vitale, una energia che scende dall’alto, entra in te e produce vita. Come la prima di tutte le benedizioni: Dio li benedisse dicendo «crescete e moltiplicatevi». Vita che cresce, in noi e attorno a noi.

La benedizione è questa forza più grande di noi che ci avvolge, ci incalza; un flusso che non viene mai meno, a cui possiamo sempre attingere, anche nel tempo delle malattie e delle delusioni.

Il Signore ha lasciato una benedizione, non un giudizio; non una condanna o un lamento, ma una parola bella sul mondo, di stima, di enorme speranza in me, in te, di fiducia nel mondo: c’è del bene in te; c’è molto bene in ogni uomo, su tutta la terra.

Di questo voi sarete testimoni: il Cristo doveva patire e risuscitare; nel suo nome annunciate a tutti la conversione e il perdono.

Sono le ultime parole di Gesù, con le tre cose essenziali:

–    ricordare la croce e la Pasqua. L’abbraccio del crocifisso non può più annullarsi, ci raggiunge tutti e ci

trascina in alto con lui.

–    la conversione. Non è un comando, ma una offerta; non un dovere, ma una opportunità: nascere di nuo

-vo. Seguendo Gesù, la vita è più bella, il sole più luminoso, le persone più buone e felici.

–    il perdono. Non quello di uno smemorato, che dimentica il male, ma quello di un creatore che ti fa ri-

partire ad ogni alba verso terre intatte; che apre futuro, fa salpare la tua vita come una nave prima arenata. Sono le istanze per celebrare un buon Giubileo.

Nella sua ascensione Gesù non è salito verso l’alto, è andato oltre e nel profondo. Non al di là delle nubi, ma al di là delle forme. Siede alla destra di ciascuno di noi, vive nei nostri legami di fraternità, nella bellezza delle nostre comunità.

don Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrochia 2025 05 25 _Echi di vita _n 21 _Evidenza

2025 – Echi di Vita N°21 – E’ AMANDO CHE SI CAPISCE LA PAROLA…

Se uno mi ama. Gesù rivendica per sé, per la prima volta, il sentimento più importante e dirompente del mondo umano: l’amore. Entra nella nostra parte più intima e profonda, ma con estrema delicatezza.

Tutto poggia sulla prima parola «se», «se tu ami». Un fondamento così umile, così libero, così fragile, così puro, così paziente.

«Se mi ami osserverai la mia parola» e non esprime un ordine, non formula un comando, ma apre una possibilità; non un verbo all’imperativo, ma al futuro e che esprime il rispetto emozionante di Dio, che bussa alla porta del cuore e attende: se ami, farai.

E subito rovescia il nostro modo di pensare.

Noi avremmo detto: se osservi la mia parola arriverai ad amarmi, senza avvertire che questa logica capovolge il Vangelo, perché vede Dio come uno specchio su cui far rimbalzare i propri meriti. Dio della legge e non della grazia.

L’amore mette una energia, una luce, un calore, una gioia in tutto ciò che fai, e ti pare di volare.

Volare a osservare la sua Parola, così è scritto, e noi invece abbiamo subito capito male come se Gesù avesse detto: a osservare i miei comandamenti.

E invece no, la Parola non coincide con I comandamenti, è molto di più.

La Parola salva, illumina, traccia strade, consola.

La Parola fa vivere, semina I campi della vita, ti incalza, porta Dio in te.

Solo se la ami, la Parola si accende, porta pane, soffia nelle vele.

Solo se hai scoperto la bellezza di Cristo partirà la spinta a vivere il suo Vangelo. Perché la nostra vita non avanza per colpi di volontà, ma per una passione. E la passione nasce da una bellezza. In me l’amore per Gesù sgorga dalla bellezza che ho intuito in lui, dalla sua vita buona, bella e beata.

Poi una seconda serie di espressioni: verremo a lui, prenderemo dimora presso di lui, tornerò a voi. Un Dio che ama la vicinanza, che abbrevia instancabilmente le distanze. E prenderemo dimora: in me il Misericordioso senza casa cerca casa.

Forse non troverà mai una vera dimora, solo un povero riparo. Dio non si merita, si ospita. Ma se non pensi a lui, se non gli parli dentro, se non lo ascolti nel segreto, forse non sei ancora casa di Dio. Se non c’è rito nel cuore, una liturgia segreta e intima, tutte le altre liturgie sono maschere del nulla.

Custodiamo allora i riti del cuore e vivremo così il nostro Giubileo!

don Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrochia 2025 05 18 _Echi di vita _n 20 _Evienza

2025 – Echi di Vita N°20 – SIAMO TUTTI MENDICANTI DI AMORE

«Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate come io vi ho amato»: una di quelle frasi che portano il marchio di fabbrica di Gesù. Parole infinite, in cui ci addentriamo come in punta di cuore. Ma perché nuovo, se quel comando percorre tutta la Bibbia?

La legge tutta intera è preceduta da un «sei amato» e seguita da un «amerai». Comandamento significa allora non già un obbligo, ma il fondamento del destino del mondo e della sorte di ognuno.

Il primo passo per noi è entrare in questa atmosfera in cui si respira Dio. E non è un premio per la mia buona condotta, ma un dono senza perché. L’amore di Dio è senza un perché, Lui ama perché ama, è la sua natura. La realtà è che noi siamo immersi in un oceano d’amore e non ce ne rendiamo conto.

Il secondo passo lo indica un piccolo avverbio: Gesù non dice amate quanto me, il confronto ci schiaccerebbe. Ma: amate come me. Non basta amare, potrebbe essere anche una forma di possesso e di potere sull’altro, un amore che prende e pretende, e non dona niente; esistono anche amori violenti e disperati, tristi e perfino distruttivi.

Gesù ama, alle volte coraggioso come un eroe, alle volte tenero come un innamorato o come una madre, che non si arrende, non si stanca, non si rassegna alla pecora perduta, la insegue per rovi e pietraie e, trovatala, se la carica sulle spalle, teneramente felice.

Amore che non è buonismo, perché non gli va bene l’ipocrisia dei sepolcri imbiancati, perché se un potente aggredisce un piccolo, un bambino, un povero, Gesù tra vittima e colpevole non è imparziale, sta con la vittima, fino ad evocare immagini potenti e dure.

Terzo passo: amatevi gli uni gli altri. Espressione capitale, che ricorre decine di volte nel Nuovo Testamento e vuol dire: nella reciprocità, guardandovi negli occhi, faccia a faccia, a tu per tu. Non si ama l’umanità in generale; si ama quest’uomo, questo bambino, questo straniero, questo volto. Si amano le persone ad una ad una, volto per volto, corpo a corpo.

Amatevi gli uni gli altri, uno scambio di doni, perché dare sempre, dare senza ritorno è molto duro, non ce la facciamo; siamo tutti mendicanti d’amore, di una felicità che si pesa sulla bilancia preziosa del dare e del ricevere amore.

don Alfredo Di Stefano

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