Sostiamo un attimo e chiudiamo gli occhi. Immaginiamo di essere in un giardino e l’ora è quella che segue immediatamente l’alba. La prima luce riscalda un’aria a tra pungente ma sicuramente piacevole.
Tutto tace, si sente appena il rumore della brina che scivola sulle foglie e lentamente evapora al conta!o col primo sole del giorno. E’ il primo giorno dopo il sabato. Il luogo grida la vita, che senza clamore irrompe decisa dopo il buio e la lunga sosta della notte. In quel luogo di vita c’è un sepolcro nuovo da poco occupato e appena svuotato. Il vuoto anonimo del sepolcro echeggia nel vuoto che por amo dentro.
La fresca brezza che sfiora le guance e la luce discreta ci destano dal torpore, ma non scalfiscono l’oblio del vuoto: vuoto qui avan, vuoto lì dentro.
Un giardiniere è a custodia del giardino e la mente corre a quel primo giardino, regno di Adamo, luogo di disobbedienza. Ora invece il giardiniere è lì a custodire il giardino nuovo dell’ obbedienza, ove fiorisce luce, vita, amore, anelito di libertà assoluta e di alleanza eterna.
Quell’uomo chiede a me, a te, a noi: “Chi cerchi?”. Domanda puntuale che aggiunge l’inquietudine di guardare in faccia la desolazione interiore. Quasi senza a!endere risposta Lui pronuncia un nome, il mio, il tuo, il nome di ognuno di noi.
Il mio sguardo si apre, il mio cuore si scioglie, la luce dell’aurora squarcia le tenebre della tristezza e la brezza fresca del mano di Pasqua irrompe nel vuoto e lo riempie.
Il Timbro, la voce, la tenerezza della pronuncia… Lo riconosco. Nessuna esitazione. Cercavo un morto nella no!e del mio cuore, trovo il Risorto che all’alba del terzo giorno mi dona la bellezza di un vuoto an co riempito di tenerezza.
Peccatori un tempo, testimoni dell’amore oggi. E’ il mio augurio di vivere la Pasqua come l’ha vissuta Maria Maddalena, cercatrice un tempo di amori fugaci, generatori di vuoto, testimone ora di un amore che è per sempre!