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Echi Di Vita N°56 – FATEVI DEGLI AMICI

La parabola del fattore infedele si chiude con un messaggio sorprendente: l’uomo ricco loda il suo truffatore. Sorpreso a rubare, l’amministratore capisce che verrà licenziato e allora escogita un modo per cavarsela, un modo geniale: adotta la strategia dell’amicizia, creare una rete di amici, cancellando parte dei loro debiti.
Con questa scelta, inconsapevolmente, egli fa ciò che Dio fa verso ogni uomo: dona e perdona, rimette i nostri debiti. Così da malfattore diventa benefattore: regala pane, olio, cioè vita, ai debitori.
Lo fa per interesse, certo, ma intanto cambia il senso, rovescia la direzione del denaro, che non va più verso l’accumulo ma verso il dono, non genera più esclusione ma amicizia.
Il Vangelo: fatevi degli amici con la disonesta ricchezza perché quando essa verrà a mancare vi accolgano nelle dimore eterne. Fatevi degli amici. Amicizia diventata comandamento, umanissimo
e gioioso, elevata a progetto di vita. Il messaggio della parabola è chiaro: le persone contano più del denaro.
Amici che vi accolgano nella casa del cielo: prima di Dio ci verranno incontro coloro che abbiamo aiutato, nel loro abbraccio riconoscente si annuncerà l’abbraccio di Dio, dentro un paradiso generato dalle nostre scelte di vita.
Nessuno può servire due padroni. Non potete servire Dio e la ricchezza. Il denaro e ogni altro bene materiale, sono solo dei mezzi utili per crescere nell’amore e nella amicizia.
Il denaro non è in sé cattivo, ma può diventare un idolo e gli idoli sono crudeli perché si nutrono di carne umana, aggrediscono le fibre intime dell’umano, mangiano il cuore. Non coltivi più le amicizie, perdi gli amici, li abbandoni o li sfrutti, oppure saranno loro a sfruttare la situazione.
Il Vangelo esorta a recuperare valori come la sobrietà e la solidarietà, la condivisione e la cura del creato, non l’accumulo, ma l’amicizia, per far crescere in tutti la vita buona.

 

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Echi Di Vita N°55 – DIO NON GUARDA ALLA NOSTRA COLPA…

Da dove questo misterioso legame tra Gesù e i peccatori, che scandalizzava scribi e sacerdoti?

Ecco, allora, le tre parabole tratte da storie di vita: una pecora perduta, una moneta perduta, un figlio che se ne va e si perde. Storie di perdita, che mettono in primo piano la pena di Dio quando perde e va in cerca, ma soprattutto la sua gioia quando trova.

Ecco allora la passione del pastore.

Non è la pecora smarrita a trovare il pastore, è trovata; non sta tornando all’ovile, se ne sta allontanando; il pastore non la punisce, è viva e tanto basta.

E se la carica sulle spalle perché sia meno faticoso il ritorno.

Dio è amico della vita.

La pena di un Dio per chi ha perso una moneta, che accende la lampada e si mette a spazzare dappertutto e troverà il suo tesoro, la scoverà sotto la polvere raccolta dagli angoli più oscuri della casa. Così anche noi, sotto i graffi della vita, sotto difetti e peccati, possiamo scovare sempre, in noi e in tutti, un frammento d’oro.

Un padre che non ha figli da perdere e, se ne perde uno solo, la sua casa è vuota. Che non punta il dito e non colpevolizza i figli spariti dalla sua vista, ma li fa sentire un piccolo grande tesoro di cui ha bisogno. E corre e gli getta le braccia al collo e non gli importa niente di tutte le scuse che ha preparato, perché alla fedeltà del figlio preferisce la sua felicità.

Tutte e tre le parabole terminano con lo stesso “crescendo”.

L’ultima nota è una gioia, una contentezza, una felicità che coinvolge cielo e terra. Sono io l’amato perduto. Dio è in cerca di me. Se lo capisco, invece di fuggire correrò verso di lui.

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San Lorenzo Martire ® - 2016 09 03 - Echi di VITA - N 54 - Splash

Echi Di Vita N°54 – IN CRISTO PIU’ LIBERTA’ …

Gesù, sempre spiazzante nelle sue proposte, indica tre condizioni per seguirlo.
La prima: Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Gesù punta tutto sull’amore. Lo fa con parole che sembrano cozzare contro la bellezza e la forza dei nostri affetti, la prima felicità di questa vita. Ma il verbo centrale su cui poggia la frase è: se uno non mi “ama di più”. Allora non di una sottrazione si tratta, ma di una addizione.

Gesù non sottrae amori, aggiunge un “di più”. Il discepolo è colui che sulla luce dei suoi amori stende una luce più grande. E il risultato non è una sottrazione ma un potenziamento: Tu sai quanto è bello dare e ricevere amore, quanto contano gli affetti della famiglia, ebbene io posso offrirti qualcosa di ancora più bello. Gesù è la garanzia che i tuoi amori saranno più vivi e più luminosi, perché Lui possiede la chiave dell’arte di amare.

La seconda: Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me. Non banalizziamo la croce, non immiseriamola a semplice immagine delle inevitabili difficoltà di ogni giorno, dei problemi della famiglia, della fatica o malattia da sopportare con pace. Nel Vangelo “croce” contiene il vertice e il riassunto della vicenda di Gesù: amore senza misura, disarmato amore, coraggioso amore, che non si arrende, non inganna e non tradisce.

La terza: chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo. La rinuncia che Gesù chiede non è un sacrificio, ma un atto di libertà: esci dall’ansia di possedere, dalla illusione che ti fa dire: “io ho, accumulo, e quindi sono e valgo. Un uomo vale quanto vale il suo cuore”.

Non lasciarti risucchiare dalle cose: la tua vita non dipende dai tuoi beni. Lascia le cose e prendi su di te la qualità dei sentimenti. Impara non ad avere di più, ma ad amare bene.

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ECHI DI VITA N°53

Echi Di Vita N°53 – NON CERCARE IL PAREGGIO TRA IL DARE E L’AVERE

C’è un incrociarsi di sguardi in quella sala che è la metafora della vita: conquistare i primi posti, competere, illusi che vivere sia vincere, prevalere, ottenere il proprio appagamento.

Gesù propone un’altra logica: Tu vai a metterti all’ultimo posto.

L’ultimo posto non è un castigo, è il posto di Dio, il posto di Gesù, venuto non per essere servito, ma per servire; è il posto di chi ama di più, di chi fa spazio agli altri.

Amico, vieni più su, dirà allora l’ospite. A colui che ha scelto di stare in fondo alla sala è riservato questo nome: amico. Amico di Dio e degli altri.

Quando offri una cena, non invitare né amici, né fratelli, né parenti, né vicini ricchi: belli questi quattro gradini del cuore in festa, quattro segmenti del cerchio caldo degli affetti; non invitarli, perché poi anche loro ti inviteranno e il cerchio si chiude nell’eterna illusione del pareggio contabile tra dare e avere.

Quando offri una cena, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi. Ecco di nuovo quattro gradini che ti portano oltre il cerchio della famiglia e degli affetti, oltre la gratificazione della reciprocità, che aprono finestre su di un mondo nuovo: dare in perdita, dare per primo, dare senza contraccambio.

E sarai beato perché c’è più gioia nel dare che nel ricevere, come molti, come forse tutti abbiamo sperimentato.

E sarai beato perché agisci come agisce Dio, come chi impara l’amore senza calcolo, che solo fa ripartire il motore della vita: assicurati che non possano restituirti niente!!!!

Guardiamo alla comunità parrocchiale, ove la forza del Vangelo è sempre un nuovo modo per vedere la realtà della vita, il luogo dove tutto si può dare per ricevere molto da Dio.

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ECHI DI VITA N°52

Echi Di Vita N°52 – LA PORTA STRETTA E’ PER TUTTI…

Due immagini forti: una porta stretta e davanti ad essa una folla che si accalca e preme per entrare.

Poi, quella soglia stretta, immersi in un’atmosfera di festa, in una calca multicolore e multietnica: verranno da oriente e da occidente, da nord e da sud e siederanno a mensa…
La porta stretta ci fa pensare a sacrifici e fatiche. Ma il Vangelo non dice questo.

La porta è stretta, vale a dire a misura di bambino e di povero: “se non sarete come bambini non entrerete…”

La porta è piccola, come i piccoli che sono casa di Dio: “tutto ciò che avete fatto a uno di questi piccoli l’avete fatto a me”. Perché nessuno si salva da sé, ma tutti possiamo essere salvati da Dio. Non per i nostri meriti ma per la sua bontà, per la porta santa che è la sua misericordia. Lo dice il verbo “salvarsi” che nel vangelo è al passivo, un passivo divino, dove il soggetto è sempre Dio.

Quando la porta da aperta si fa chiusa, inizia la crisi dei “buoni”. Abbiamo mangiato alla tua presenza (allusione all’Eucaristia), hai insegnato nelle nostre piazze (conosciamo il Vangelo e il catechismo), perché non apri? Non so di dove siete, voi venite da un mondo che non è il mio.

Non basta mangiare Gesù, che è pane, occorre farsi pane per gli altri. Non basta essere credenti, dobbiamo essere credibili. La misura è nella vita. la fede vera si mostra non da come uno parla di Dio, ma da come parla e agisce nella vita.

Tutti possono passare per le porte sante di Dio. Il sogno di Dio è far sorgere figli da ogni dove, per una offerta di felicità, per una vita in pienezza.
È possibile per tutti vivere meglio, e Gesù ne possiede la chiave.

Lui li raccoglie da tutti gli angoli del mondo, variopinti clandestini del regno, arrivati ultimi e per lui considerati primi.

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Echi Di Vita N°51 – UN VANGELO PER RISVEGLIARE E RINNOVARE

Sono venuto a gettare fuoco sulla terra.
Tutti abbiamo conosciuto uomini e donne appassionati del Vangelo e li abbiamo visti passare fra noi come una fiaccola accesa.
Gesù stesso, tenero e coraggioso, è stato con tutta la sua vita segno di contraddizione.
Il suo Vangelo è venuto come una sconvolgente liberazione: per le donne sottomesse e schiacciate dal maschilismo; per i bambini, proprietà dei genitori; per gli schiavi in balia dei padroni; per i lebbrosi, i ciechi, i poveri.
Si è messo dalla loro parte.
La sua predicazione non metteva in pace la coscienza, ma la risvegliava.
La scelta di chi si dona, di chi perdona, di chi non si attacca al denaro, di chi non vuole dominare ma servire gli altri, di chi non vuole vendicarsi diventa precisamente divisione, guerra, urto inevitabile con chi pensa a vendicarsi, salire, dominare, con chi pensa che è vita solo quella di colui che vince.
Non dimentichiamolo: siamo discepoli di un Vangelo che brucia, brucia dentro, ci infiamma qualche volta almeno, oppure abbiamo una fede che rischia di essere solo un tranquillante, una fede sonnifero?
Il Vangelo non è un bavaglio, ma un megafono. Ti fa voce di chi non ha voce, sei il giusto che lotta in mezzo alle ingiustizie, mai passivo e arreso, mai senza fuoco.
Quanto vorrei che anche nella nostra comunità parrocchiale questo fuoco fosse già acceso, per vedere il seme incandescente di realtà nuove, perché c’è una goccia di fuoco in ognuno di noi, una lingua di fuoco sopra ognuno di noi.
C’è, infine, lo Spirito santo che accende i suoi roveti in ogni angolo della nostra città: non li vedete?

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Echi Di Vita N°50 – PREGHIERA A S. LORENZO MARTIRE

O glorioso san Lorenzo,
nostro protettore,
forte nella fede e ricco di speranza ,
hai donato la tua vita
per il bene della comunità che amavi,
e noi oggi ti veneriamo
con affetto e devozione.

Tu, che con amore hai servito i poveri e la Chiesa,
sciogli i lacci del nostro egoismo,
sciogli la durezza dei nostri cuori,
sciogli le paure che frenano le energie di bene
poste dal Signore in ciascuno di noi,
e insegnaci a restituire ogni dono ricevuto.

O glorioso martire Lorenzo
siamo deboli, pigri e impacciati,
ma vogliamo che i frutti fecondi del tuo martirio
rendano viva la nostra parrocchia.

Nessuno è così duro,
nessuno è così egoista,
nessuno è così peccatore
da non sentire dentro di sé la gioia
di un cuore nuovo e di una vita bella,
vissuta amando il Signore ed ogni sua creatura.

O glorioso diacono Lorenzo,
insegnaci a vivere come hai vissuto tu,
che fin da giovane sei stato
amico e servo di Gesù e dei poveri,
veri tesori della Chiesa,
tua e nostra grande ricchezza.

Noi oggi ti preghiamo e ti lodiamo,
con l’unico e forte desiderio
di seguire Cristo nostro Signore,
che vive e regna nei secoli dei secoli.

Amen

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Echi Di Vita N°49 – DIO, IL SOLO CHE SI E’ FATTO MIO SERVITORE

Dove è Dio?
Dio, il grande assente, che crea e poi si ritira dalla sua creazione.
La sua assenza ci pesa, eppure è la garanzia della nostra libertà.
Se Dio fosse qui visibile, inevitabile, incombente, chi si muoverebbe più?
Un Dio che si impone sarà anche obbedito, ma non sarà amato da liberi figli.
E l’uomo?
E’ colui che attende Dio con i fianchi cinti, cioè pronto ad accoglierlo, a essere interamente per lui e con le lucerne accese, perché è notte.
Anche quando è notte, quando le ombre si mettono in via; quando la fatica è tanta, quando la disperazione fa pressione alla porta del cuore, non mollare, continua a lavorare con amore e attenzione per la tua famiglia, la tua comunità, il tuo Paese, la madre terra.
Vale molto di più accendere una piccola lampada nella notte che imprecare contro tutto il buio che ci circonda.
E l’uomo?
E’ colui che attende Dio sveglio: si attende così solo se si ama e si desidera, e non si vede l’ora che giunga il momento dell’incontro. In verità vi dico, -quando dice cos, assicura qualcosa di importante- li farà mettere a tavola e passerà a servirli.
È il momento commovente, sublime di questo racconto, il momento straordinario, quando accade l’impensabile: il Signore si mette a fare il servo!
Dio viene e si pone a servizio della mia felicità! L’atteggiamento sorprendente del Signore: e passerà a servirli.
È l’immagine clamorosa che solo Gesù ha osato, di Dio nostro servitore, che solo lui ha mostrato cingendo un asciugamano.
E l’uomo?
E’ colui che può dire: questo Dio è il solo che io servirò, tutti i giorni e tutte le notti della mia vita.
Il solo che servirò perché è il solo che si è fatto mio servitore.

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ECHI DI VITA N°48 – CON CURA COSTRUIRE, POI CON CURA DEMOLIRE: COSA C’E’ DI PIU’ INSENSATO?

La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante.

Egli ragionava tra sé: «Come faccio? Ho troppo. Ecco, demolirò i miei magazzini e ne ricostruirò di più grandi». Così potrò accumulare e trattenere.
Con cura costruire, poi con cura demolire: cosa c’è di più insensato, di più inutile?
Il ricco della parabola invece dice sempre «io»
(io demolirò, costruirò, raccoglierò…), usa
sempre l’aggettivo possessivo «mio» (i miei beni, i miei raccolti, i miei magazzini, me stesso, anima mia).
Nessun altro entra nel suo orizzonte. Uomo senza aperture; non solo privo di generosità, ma privo di
relazioni.
Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta indietro la tua vita.
Gesù non evoca la morte come una minaccia per farci disprezzare i beni della terra.
Il Vangelo non contesta il desiderio di godere le brevi gioie della strada come vorrebbe fare il ricco (anima mia, riposati, mangia, bevi, divertiti…).
Da cosa dipende la vita?
Di solo pane, di solo benessere, di sole cose, l’uomo muore. La tua vita non dipende da ciò che possiedi, non dipende da ciò che uno ha, ma da ciò che uno dà.
La vita vive di vita donata. Noi siamo ricchi solo di ciò che abbiamo dato via.
L’uomo ricco si è creato un deserto attorno. È solo, isolato al centro dei suoi magazzini pieni.
Nessun altro è nominato, nessuno in casa, nessun povero alla porta, nessuno con cui condividere la gioia del raccolto. Le persone contano meno dei sacchi di grano. Non vive bene.
Vuoi una vita piena?
Non cercarla al mercato delle cose: le cose promettono ciò che non possono mantenere. Le cose hanno un fondo e il fondo delle cose è vuoto. Cercala dalla parte delle persone. Sposta il tuo desiderio.
L’alternativa è chiara: chi accumula «per sé», lentamente muore.
Chi arricchisce presso Dio, accumulando relazioni buone, donando invece di trattenere, ha trovato il
segreto della vita che non muore, rimarrà nel cuore di tutti.

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San Lorenzo Martire ® - 2016 07 27 - Echi di VITA - N 47 - Splash

Echi Di Vita N°47 – QUANDO PREGATE DITE: PADRE!

Perché pregare?
La parola pregare dice l’insistere, il convincere qualcuno, il portarlo a cambiare atteggiamento.
Per Gesù pregare equivale a creare legami, evocando nomi e volti, primo fra tutti quello del Padre: «quando pregate, dite: Padre».
Il Padre, fonte sorgiva di ogni vita, di ogni bontà, di ogni bellezza, un Dio che non si impone; un Dio affettuoso, vicino, caldo, cui chiedere, da fratelli, le poche cose indispensabili per ripartire nella vita.
Cosa chiedere?
Che il tuo nome sia santificato. Il nome contiene, nel linguaggio biblico, tutta la persona: è come chiedere Dio a Dio, chiedere che Dio ci doni Dio.
Venga il tuo regno, nasca la terra nuova come noi la sogniamo, la nuova architettura del mondo e dei rapporti umani che il Vangelo ha seminato.
Dacci il pane nostro quotidiano. Dona a noi tutti ciò che ci fa vivere, il pane e l’amore, entrambi indispensabili per la vita piena, necessari giorno per giorno.
E perdona i nostri peccati, togli tutto ciò che invecchia il cuore e lo rinchiude; dona la forza per salpare di nuovo ad ogni alba verso terre intatte.
Libera il futuro. E noi, che adesso conosciamo come il perdono potenzia la vita, lo doneremo ai nostri fratelli, e a noi stessi, per tornare leggeri a costruire di nuovo, insieme, la pace.
Non abbandonarci alla tentazione. Non ti chiediamo di essere esentati dalla prova, ma di non essere lasciati soli a lottare contro il male, nel giorno del buio.
E dalla sfiducia e dalla paura tiraci fuori; e da ogni ferita o caduta rialzaci tu.
Insegnaci a pregare, adesso.
Il Padre Nostro non va solo recitato, va imparato ogni giorno di nuovo, in rapporto alla vita: nelle carezze della gioia, nel graffio delle spine, nella fame dei fratelli.
Bisogna avere molta nostalgia di cose nuove per pregare bene.