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Echi Di Vita N°61 – Non si può pregare e disprezzare

Gesù, rivolgendosi a chi si sente a posto e disprezza gli altri, mostra che non si può pregare e disprezzare, adorare Dio e umiliare i suoi figli, come fa il fariseo.
Eppure il fariseo inizia la preghiera con le parole giuste: O Dio, ti ringrazio. Ma tutto ciò che segue è sbagliato: ti ringrazio di non essere come gli altri, ladri, ingiusti, adulteri. La sua preghiera è un confronto e un giudizio sugli altri, tutti disonesti e immorali. L’unico che si salva è lui stesso. Io digiuno, io pago le decime, io non sono… Il fariseo è un narciso allo specchio, per il quale Dio non serve a niente se non a registrare le sue presunte qualità.

Il pubblicano invece dal fondo del tempio non osava neppure alzare gli occhi, si batteva il petto e diceva: Abbi pietà di me peccatore. Due parole cambiano tutto nella sua preghiera, rendendola autentica.

La prima parola è: Tu abbi pietà. Mentre il fariseo costruisce la sua religione attorno a quello che lui fa’, il pubblicano la fonda su quello che Dio fa.

L’insegnamento della parabola è chiaro: la relazione con Dio non segue logiche diverse dalle relazioni umane. Le regole sono semplici e valgono per tutti. Se
metti al centro l’io, nessuna relazione funziona. Non nella coppia, non con gli amici, non con Dio. Vita e preghiera percorrono la stessa strada: la ricerca mai
arresa di un tu, uomo o Dio, in cui riconoscersi, amati e amabili, capaci di incontro vero, quello che fa fiorire il nostro essere.

La seconda parola è: peccatore. In essa è riassunto un intero discorso: “sono un poco di buono, è vero, ma così non sto bene, non sono contento; vorrei tanto essere diverso, ci provo, ma ancora non ce la faccio; e allora tu perdona e aiuta”.

Il pubblicano tornò a casa sua giustificato, non perché più umile del fariseo, ma perché si apre ad un Altro più grande del suo peccato, che viene e trasforma. Si apre alla misericordia, a questa straordinaria debolezza di Dio che è la sua sola onnipotenza.