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Echi Di Vita N°02 – Il cielo si apre e nessuno lo richiuderà di più!

Gesù, ricevuto il Battesimo, stava in preghiera ed ecco il cielo si aprì. Il Battesimo è raccontato come un semplice inciso, al centro è posto l’aprirsi del cielo. Il cielo si apre perché la vita esca, perché la vita entri. Si apre sotto l’urgenza dell’amore di Dio e nessuno lo richiuderà mai più. E venne dal cielo una voce che diceva: questi è il figlio mio, l’amato, in lui ho posto il mio compiacimento.
Tre affermazioni, dentro le quali sento pulsare il cuore vivo del cristianesimo e, assieme a quello di Gesù, il mio vero nome.

Figlio è la prima parola. Dio genera figli. E i generati hanno il cromosoma del genitore nelle cellule; c’è il DNA divino in noi, l’uomo ha Dio nel sangue.

Amato è la seconda parola. Prima che tu agisca, prima della tua risposta, che tu lo sappia o no, ogni giorno, ad ogni risveglio, il tuo nome per Dio è “amato”. Di un amore immeritato, che ti previene, che ti anticipa, che ti avvolge da subito, a prescindere.

La terza parola: mio compiacimento. Termine inconsueto eppure bellissimo, che nella sua radice letterale si dovrebbe tradurre: in te io provo piacere. La Voce grida dall’alto del cielo, grida sul
mondo e in mezzo al cuore, la gioia di Dio: è bello stare con te. Tu, figlio, mi piaci. E quanta gioia sai darmi! Io che non l’ho ascoltato, io che me ne sono andato, io che l’ho anche tradito sento dirmi: tu mi piaci. Eppure è così, è Parola di Dio.

La scena grandiosa del battesimo di Gesù, con il cielo squarciato, con il volo ad ali aperte dello Spirito, con la dichiarazione d’amore di Dio sulle acque, è anche la scena del battesimo di ciascuno di
noi, quello del primo giorno e quello esistenziale, quotidiano.

Ad ogni cuore una voce ripete le tre parole del Giordano, e più forte ancora nei momenti difficili e in quelli di prova: figlio mio, mio amore, mia gioia.

Quale riserva di coraggio apre le ali sopra ciascuno di noi, ci aiuta a spingere verso l’alto, con tutta la forza, qualsiasi cielo oscuro sovrasti i nostri giorni!

Don Alfredo Di Stefano

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Echi Di Vita N°01 – Riscoprire un Dio dalle grandi braccia e dal cuore di luce…

“Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette dai pastori”. Riscoprire lo stupore della fede. Lasciarci incantare almeno da una parola del Signore, stupirci ancora della mangiatoia
e della Croce, di questo mistero di un Dio che sa di stelle e di latte, di infinito e di casa.

E impariamo da Maria, che “custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore”, Da lei, che salvaguarda come in uno scrigno emozioni e domande, angeli e stalla, un bambino “caduto da una stella fra le sue braccia e che cerca l’infinito perduto e lo trova nel suo petto”; da lei che medita nel cuore fatti e parole, fino a che non si dipani il filo d’oro che tutto legherà insieme, da lei impariamo a prenderci del tempo per aver cura dei nostri sogni. ” E impariamo il Natale anche dai pastori, che non ce la fanno a trattenere per sé la gioia e lo stupore, come non si può trattenere il respiro, ma ritornano cantando, e contagiano di sorrisi chi li incontra, dicendo a tutti: è nato l’Amore!

In questo giorno di auguri, le prime parole che la Bibbia ci rivolge sono: Il Signore parlò a Mosè, ad Aronne, ai suoi figli e disse: Voi benedirete i vostri fratelli. Per prima cosa, che lo meritino o no, voi benedirete.

Dio ci chiede di imparare a benedire: uomini e storie, il blu del cielo e il giro degli anni, il cuore dell’uomo e il volto di Dio. Se non impara a benedire, l’uomo non potrà mai essere felice.

Benedire è invocare dal cielo una forza che faccia crescere la vita, e ripartire e risorgere; significa cercare, trovare, proclamare il bene che c’è in ogni fratello. E continua: Il Signore faccia brillare per te il suo volto. Scopri che Dio è luminoso, ritrova nell’anno che viene un Dio solare, ricco non di troni, di leggi, di dichiarazioni, ma il cui più vero tabernacolo è un volto luminoso. Scopri un Dio dalle grandi braccia e dal cuore di luce.

Don Alfredo Di Stefano

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Echi Di Vita N°70 – VI AUGURO UN BUON NATALE DI GIOIA

Carissimi, celebriamo il Natale del Signore. E’ il secondo Natale che con voi mi trovo a fare festa intorno al “grande Mistero dell’Incarnazione e Nascita di Gesù”.
Il Natale è la festa del “nuovo che prorompe”. Ogni nascita è novità. Lo sanno bene i genitori quando arriva un nuovo “bebè”. La vita di coppia non è più la stessa, neppure il ménage familiare che si era riusciti a stabilire: tutto diventa nuovo, diverso, cambiano gli orari, gli stili di vita, gli impegni.
Una sola cosa è certa: che se si vuole continuare lo stile di vita di prima, le cose certamente non potranno andare bene. Allora l’intera famiglia, di fronte a questo evento, deve organizzarsi, deve ricercare nuove vie di convivenza, deve collaborare in un modo nuovo.
La liturgia ci ripropone ogni anno questa celebrazione che, per noi cristiani, non è soltanto “ricordo”, ma è “memoriale”: ci invita cioè a rivivere in prima persona questo momento celebrativo della nostra salvezza che è la “Nascita di Gesù”.
Ogni anno, quindi, siamo invitati ad immergerci in questa “novità” e a cambiare i nostri modi di vita, a rivedere i nostri interessi, le nostre scelte, in prospettiva con quanto ci è capitato. Se siamo indifferenti a questo aspetto, se ci accontentiamo dell’apparato formale ed esteriore, se proviamo solo tenerezza e commozione davanti al presepe, allora anche questo Natale passerà invano. Se ci interroghiamo su cosa succede, se ci sentiamo provocati dalla Parola di Dio, se ci sentiamo spinti ad andare avanti, se facciamo di tutto per dare del nostro il meglio, allora vuol dire che Gesù, fattosi per noi bambino, ancora dice qualcosa di importante per la nostra vita.
Come Parrocchia ci troveremo impegnati ad essere una Comunità che riscopre la propria identità, che ascolta, che prega, che celebra, che annuncia, che condivide e che dona se stessa a chi ha bisogno. Viviamo in un periodo molto particolare per la nostra città, per il nostro Paese, per il Mondo intero: il discernimento è l’unico strumento da attuare insieme per capire e vivere, oggi, dentro la nostra realtà complessa.
Ed allora, auguriamoci di vero cuore un “Buon Natale” che possa essere per ciascuno un grande momento di gioia e di conversione.
Il Signore Gesù possa portare serenità e pace in modo particolare nelle situazioni di sofferenza e di solitudine sapendo che, per questo, si servirà soprattutto delle nostre mani, del nostro sorriso, delle nostre parole, delle nostre persone.

Don Alfredo Di Stefano

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Echi Di Vita N°69 – che il Signore renda il tuo cuore più grande, spazioso!

Prima che andassero a vivere insieme (passava un anno tra il matrimonio e la convivenza)
Maria si trovò incinta.
Qualcosa che però strazia il cuore di Giuseppe,
che si sente tradito, con i progetti di vita
andati in frantumi. E l’uomo giusto, entra in crisi: non volendo accusarla pubblicamente
(denunciare Maria come adultera e farla lapidare) pensò di ripudiarla in segreto. Giuseppe
non si dà pace, è innamorato, continua a pensare a lei, a sognarla di notte. Un conflitto emotivo
e spirituale: da un lato l’osservanza della legge (l’obbligo di denunciare Maria) e
dall’altro il suo amore.
Ma basta che la corazza della legge venga appena scalfita dall’amore, che lo Spirito irrompe
e agisce. Sotto l’immagine di un angelo Dio gli dice: non temere di prendere con te Maria,
tua sposa. Non temere, la parola preferita con cui Dio apre il dialogo con l’uomo. Non temere,
Dio interviene sempre in favore della vita.
Ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù! Egli salverà
il popolo. Gesù salverà: allargherà, accrescerà, espanderà
lo spazio della tua umanità, renderà
più grande la vita.
Giuseppe fece come gli aveva detto l’angelo e prese con sé la
sua sposa. Maria lascia la casa del sì detto a Dio e va nella casa
del sì detto al suo uomo, ci va da donna innamorata. Povera
di tutto, Dio non ha voluto che Maria fosse povera d’amore,
sarebbe stata povera di Dio.
Dio si è fatto uomo, e più gli uomini cresceranno in umanità,
più scopriranno la divinità che ha messo la sua tenda in ciascuno
di noi.

 

Don Alfredo Di Stefano

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Echi Di Vita N°68 – DOVE IL SIGNORE VIENE, FIORISCE LA VITA

Sei tu o no quello che il mondo attende? Giovanni è colto dal dubbio, eppure Gesù non perde
niente della stima immensa che nutre per lui: È il più grande! I dubbi non diminuiscono la
fede del profeta. Così è per noi: non esiste fede senza dubbi; io credo e dubito, e Dio continua a
volermi bene; mescolo fede e dubbi e la sua fiducia resta intatta.
Sei tu? Gesù non risponde con argomentazioni, ma con un elenco di fatti: ciechi, storpi, sordi,
lebbrosi, guariscono, si rimettono in cammino hanno una seconda opportunità, la loro vita
cambia. La risposta ai nostri dubbi è semplice: se l’incontro con Lui ha cambiato qualcosa, ha
prodotto gioia, coraggio, fiducia, apertura del cuore, generosità, bellezza del vivere, se vivo meglio
allora è lui quello che deve venire.
Gesù non ha mai promesso di risolvere i problemi della
storia con i suoi miracoli. Ha promesso qualcosa di
molto più grande: il miracolo del seme, il lavoro oscuro
ma inarrestabile del seme che fiorirà. Non ci ha fornito
pane già pronto, ma un lievito che non si spegne.
La fede è fatta di due cose: di occhi che vedono il sogno
di Dio e di mani pazienti e fiduciose come quelle del
contadino che «aspetta con costanza il prezioso frutto
della terra» (Giacomo 5,7).
Beato chi non si scandalizza di me. Gesù portava
scandalo e lo porta oggi, a meno che non ci facciamo un
Cristo a nostra misura e addomestichiamo il suo messaggio:
non stava con la maggioranza, ha cambiato il volto
di Dio e del potere, ha messo pubblicani e prostitute prima
dei sacerdoti, ha fatto dei poveri i principi del suo regno.
Gesù, colui che opera nel cuore di ciascuno di noi.

Don Alfredo Di Stefano

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Echi Di Vita N°67 – DIO E’ACCANTO, A FIANCO, SI STRINGE A TUTTO CIO’ CHE VIVE!

Giovanni il Battista predicava nel deserto della Giudea dicendo: convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino.
Gesù cominciò a predicare lo stesso annuncio: convertitevi perché il regno dei cieli è vicino. Tutti i profeti hanno gli occhi fissi nel sogno, nel regno dei cieli che è un mondo nuovo intessuto di rapporti buoni e felici. Ne percepiscono il respiro vicino: è possibile, è ormai iniziato.

Su quel sogno ci viene chiesto di osare la vita, ed è la conversione. Si tratta di tre annunci in uno, e tra tutte la parola più calda di speranza è l’aggettivo «vicino». Dio è vicino, è qui, prima buona notizia. Il regno dei cieli e la terra come Dio la sogna non si è ancora realizzata?

Gesù è l’incarnazione di un Dio che si fa intimo come un pane nella bocca, una parola detta sul cuore, un respiro: infatti vi battezzerà nello Spirito Santo, vi immergerà dentro il mare di Dio, sarete avvolti, intrisi, impregnati della vita stessa di Dio, in ogni vostra fibra.

Convertitevi, ossia osate la vita, mettetela in cammino, e non per eseguire un comando, ma per una bellezza; non per una imposizione da fuori ma per una seduzione. Ciò che converte il freddo in calore non è un ordine dall’alto, ma la vicinanza del fuoco; ciò che toglie le ombre dal cuore non è un obbligo o un divieto, ma una lampada che si accende, un raggio, una stella, uno sguardo.

Convertitevi: giratevi verso la luce, perché la luce è già qui.

Conversione: cambiate lo sguardo con cui vedete gli uomini e le cose, cambiate strada, sopra i miei sentieri il cielo è più vicino e più azzurro, il sole più caldo, il suolo più fertile, e ci sono cento fratelli, e alberi fecondi, e miele.

Conversione significa anche abbandonare tutto ciò che fa male all’uomo, scegliere sempre l’umano contro il disumano. Come fa Gesù: per lui l’unico peccato è il disamore, non la trasgressione di
una o molte regole, ma il trasgredire un sogno, il sogno grande di Dio per noi, quel sogno realizzatosi nella Vergine Madre, Immacolata Concezione, Madonna di Loreto, nostra Patrona.

 

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Echi Di Vita N°64 – Seminare, piantare, attendere, perseverare …

Con il suo linguaggio apocalittico il brano non racconta la fine del mondo, ma il significato, il mistero del mondo.

Se lo leggiamo attentamente notiamo che ad ogni descrizione di dolore, segue un punto di rottura dove tutto cambia, un tornante che apre l’orizzonte, la breccia della speranza: non è la fine, alzate il capo, la vostra liberazione è vicina. Al di là di profeti ingannatori, anche se l’odio sarà dovunque, ecco quella espressione struggente: ma nemmeno un capello del vostro ca-po andrà perduto.

Nel caos della storia lo sguardo del Signore è fisso su di noi, non giudice che incombe, ma custode del mio cammino. Il vangelo ci conduce dentro la storia: da un lato il versante oscuro della violenza, il cuore di tenebra che distrugge; dall’altro il versante della tenerezza che salva. In questa lotta contro il male, contro la potenza mortifera e omicida presente nella storia e nella natura, ” con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”.

La vita – l’umano in noi e negli altri – si salva con la perseveranza. Non nel disimpegno, nel chiamarsi fuori, ma nel tenace, umile, quo-tidiano lavoro che si prende cura della terra e delle sue ferite, degli uomini e delle loro lacrime. Scegliendo sempre l’umano contro il disumano.

Perseveranza vuol dire: non mi arrendo; nel mondo sembrano vincere i più violenti, i più crudeli, ma io non mi arrendo. Anche quando tutto il lottare contro il male sembra senza esito, io non mi arrendo.

Perché so che il filo rosso della storia è saldo nelle mani di Dio. Perché il mondo quale lo conosciamo, col suo ordine fondato sulla forza e sulla violenza, già comincia a essere rovesciato dalle sue stesse logiche. La violenza si autodistruggerà.

Il Vangelo si chiude con un’ultima riga profezia di speranza: risollevatevi, alzate il capo, la vostra liberazione è vicina. In piedi, a testa alta, liberi: così vede i discepoli il vangelo. Sollevate il capo, guardate lontano e oltre, perché la realtà non è solo questo che si vede: viene un Liberatore, un Dio esperto di vita.

Don Alfredo Di Stefano

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Echi Di Vita N°63 – LA RISURREZIONE: APPARTENERE A DIO

La storiella di una donna, sette volte vedova e mai madre, è adoperata dai sadducei come caricatura della fede nella risurrezione dei morti: di quale dei sette fratelli che l’hanno sposata sarà moglie quella donna nella vita eterna? Quelli che risorgono non prendono moglie né marito. Gesù non dichiara la fine degli affetti. Quelli che risorgono non si sposano, ma danno e ri-cevono amore ancora, finalmente capaci di amare bene, per sempre. Perché amare è la pienezza dell’uomo e di Dio. Perché ciò che nel mondo è valore non sarà mai distrutto.

Ogni amore vero si aggiungerà agli altri nostri amori, senza gelosie e senza esclusioni, portando non li-miti o rimpianti, ma una impensata capacità di intensità e di profondità. Saranno come angeli.

La risurrezione non cancella il corpo, non cancella l’umanità, non cancella gli affetti. Dio non fa morire nulla dell’uomo. Lo trasforma.
Il Signore è Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe. Dio non è Dio di morti, ma di vivi. In questo «di» ripetuto 5 volte è racchiuso il motivo ultimo della risurrezione, il segreto dell’eternità. Una sillaba breve come un respiro, ma che contiene la forza di un legame, indissolubile e reciproco, e che significa: Dio appartiene a loro, loro appartengono di Dio.

Così totale è il legame, che il Signore fa sì che il nome di quanti ama diventi parte del suo stesso nome. Il Dio più forte della morte è così umile da ritenere i suoi amici parte integrante di sé. Legando la sua eternità alla nostra, mostra che ciò che vince la morte non è la vita, ma l’amore. Il Dio di Isacco, di Abramo, di Giacobbe, il Dio che è mio e tuo, vive solo se Isacco e Abramo sono vivi,
solo se tu e io vivremo.