Author : E. Redazione

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 46

2021 – Echi di Vita N°46 – OGNI GIORNO UN MONDO NASCE E UNO MUORE

Un Vangelo sulla crisi e insieme sulla speranza, che non intende incutere paura, che vuole profetizzare non la fine, ma il fine, il significato del mondo.

La prima verità è che l’universo è fragile nella sua grande bellezza: in quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo.

Eppure non è questa l’ultima verità: se ogni giorno c’è un mondo che muore, ogni giorno c’è anche un mondo che nasce.

Quante volte si è spento il sole, quante volte le stelle sono cadute a grappoli dal nostro cielo, lasciandoci vuoti, poveri, senza sogni: una disgrazia, una malattia, la morte di una persona cara, una sconfitta nell’amore, un tradimento.

Fu necessario ripartire, un’infinita pazienza di ricominciare. Guardare oltre l’inverno, credere nell’estate che inizia con il quasi niente, una gemma su un ramo, la prima fogliolina di fico.

Gesù educa alla speranza, a intuire dentro la fragilità della storia come le doglie di un parto, come un uscire dalla notte alla luce.

Ben vengano allora certe scosse di primavera a smantellare ciò che merita di essere cancellato, anche nella istituzione ecclesiastica. E si ricostruirà, facendo leva su due punti di forza.

Il primo: quando vedrete accadere queste cose sappiate che Egli è vicino, il Signore è alle porte. La nostra forza è un Dio vicino. La nostra nave non è in ansia per la rotta, perché sente su di sé il suo Vento di vita.

Il secondo punto di forza è la nostra stessa fragilità. Per la sua fragilità l’uomo, tanto fragile da aver sempre bisogno degli altri, cerca appoggi e legami. Ed è appoggiando una fragilità sull’altra che sosteniamo il mondo.

Dio è dentro la nostra fragile ricerca di legami, viene attraverso le persone che amiamo.

Il Vangelo parla di stelle che cadono.

Ma il profeta Daniele alza lo sguardo: i saggi risplenderanno, i giusti saranno come stelle per sempre, il cielo dell’umanità non sarà mai vuoto e nero, uomini giusti e santi si accendono su tutta la terra, salgono nella casa delle luci, illuminano i passi di molti.

Sono uomini e donne assetati di giustizia, di pace, di bellezza.

E sono molti, sono come stelle nel cielo.

Illuminiamolo il nostro cielo!

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 45

2021 – Echi di Vita N°45 – GLI SPICCIOLI DELLA VEDOVA E IL TESORO IN CIELO

Il Vangelo mette a confronto due magisteri: quello degli scribi, teologi e giuristi importanti, e quello di una vedova povera e sola; ci porta alla scuola di una donna senza più difese e la fa maestra di vita.

Gli scribi sono identificati per tre comportamenti: per come appaiono (passeggiano in lunghe vesti) per la ricerca dei primi posti nella vita sociale, per l’avidità con cui acquisiscono beni: divorano le case delle vedove, insaziabili e spietati.

Tre azioni descritte con i verbi che Gesù rifiuta: apparire, salire e comandare, avere. Sintomi di una malattia devastante, inguaribile, quella del narcisismo.

Gesù contrappone un Vangelo di verbi alternativi: essere, discendere, servire e donare. Lo fa portandoci in un luogo che è quanto di più estraneo al suo messaggio si possa immaginare: in faccia al tesoro del tempio; e lì, seduto come un maestro, osserva come la gente getta denaro nel tesoro: “come” non “quanto“.

Le bilance di Dio non sono quantitative, ma qualitative.

I ricchi gettavano molte monete, Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine. Due spiccioli, un niente, ma pieno di cuore.

Gesù se n’è accorto, unico; chiama a sé i discepoli, li convoca, erano con la testa altrove, e offre la sua lettura spiazzante e liberante: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri.

Gesù non bada alla quantità di denaro. Anzi afferma che l’evidenza della quantità è solo illusione. Conta quanto peso di vita c’è dentro, quanto cuore, quanto di lacrime, di speranza, di fede è dentro due spiccioli.

L’uomo per star bene deve dare. È la legge della vita, siamo progettati così. Questa capacità di dare, e dare come un povero non come un ricco, ha in sé qualcosa di divino! Tutto ciò che è fatto con tutto il cuore ci avvicina all’assoluto di Dio.

Il verbo salvifico che Gesù propone in contrapposizione al “divorare” degli scribi, è “gettare“, ripetuto sette volte nel brano, un dare generoso e senza ritorno.

Lo sa bene la vedova, l’emblema della mancanza. La sua mano getta, dona con gesto largo, sicuro, generoso, convinto, anche se ciò che ha da donare è pochissimo.

Ma non è la quantità che conta, conta sempre il cuore, conta l’investimento di vita. La fede della vedova è viva e la fa vivere, così ci auguriamo anche per noi.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 44

2021 – Echi di Vita N°44 – AMARE DIO PER AMARE L’UMANITA’

Amerai Dio con tutto il tuo cuore. Amerai il prossimo tuo come te stesso.

Che cosa c’è al centro della fede? Ciò che più di ogni cosa dona felicità all’uomo: amare. Non obbedire a regole né celebrare riti, ma semplicemente, meravigliosamente: amare.

Gesù non aggiunge nulla di nuovo rispetto alla legge antica: il primo e il secondo comandamento sono già nel Libro. Eppure il suo è un comando nuovo. La novità sta nel fatto che le due parole fanno insieme una sola parola, l’unico comandamento. L’averli separati è l’origine dei nostri mali.

La risposta di Gesù inizia con la formula: shemà Israel, ascolta popolo mio.

Fa tenerezza un Dio che chiede: «Ascoltami, per favore. Voglimi bene, perché io ti amo. Amami!» Invocazione, desiderio di Dio.

Cuore del comandamento, sua radice è un’invocazione accorata, non una ingiunzione. Dio prega di essere amato.

Amare è tenere con tenerezza e passione Dio e l’uomo dentro di sé: se uno ama, l’altro è come se dimorasse dentro di lui. Amare è desiderio di fare felice qualcuno, coprirlo di un bene che si espande oltre lui, va verso gli altri, inonda il mondo…

Amare è avere un fuoco nel cuore.

Ma amare che cosa? Amare l’Amore stesso.

Se amo Dio, amo ciò che lui è: vita, compassione, perdono, bellezza. Amerò ogni briciola di cosa bella che scoprirò vicino a me, un atto di coraggio, un abbraccio rassicurante, un’intuizione illuminante, un angolo di armonia. Amerò ciò che Lui più ama: l’uomo, di cui è orgoglioso.

Ma amare come? Mettendosi in gioco interamente, cuore, mente, anima, forza.

Gesù sa che fare questo è già la guarigione dell’uomo. Perché chi ama così ritrova l’unità di se stesso, la sua pienezza felice: Questi sono i comandi del Signore vostro Dio…

Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica; perché tu sia felice (Dt 6,1-3). Non c’è altra ri­sposta al desiderio profondo di felicità dell’uomo, nessun’altra risposta al male del mondo che questa soltanto: amare.

Ama il tuo prossimo come te stesso. Quasi un terzo comandamento: ama anche te stesso, insieme a Dio e al prossimo.

Come per te ami libertà e giustizia, così le amerai anche per tuo fratello, sono le orme di Dio. Come per te desideri amicizia e dignità, e vuoi che fioriscano talenti e germogli di luce, questo vorrai anche per il tuo prossimo.

Ama questa polifonia della vita, e farai risplendere l’immagine di Lui che è dentro di te. Perché l’amore trasforma, ognuno diventa ciò che ama. Amerai, perché l’amore genera vita sul mondo.

don Alfredo Mancini

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 43

2021 – Echi di Vita N°43 – CREDERE FA BENE, CRISTO GUARISCE TUTTA L’ESISTENZA

Un ritratto tracciato con tre drammatiche pennellate: cieco, mendicante, solo.

Un mendicante cieco: l’ultimo della fila, un relitto inchiodato nel buio sul ciglio di una strada di Gerico. Poi improvvisamente tutto si mette in moto: passa Gesù e si riaccende il motore della vita, soffia un vento di futuro. Con il Signore c’è sempre un “dopo“.

E Bartimèo comincia a gridare: Gesù, abbi pietà. Non c’è grido più evangelico, non preghiera più umana e bruciante: pietà dei miei occhi spenti, di questa vita perduta. Sèntiti padre, sèntiti madre, ridammi vita.

Ma la folla fa muro al suo grido: taci!

Il grido di dolore è fuori luogo. Terribile pensare che davanti a Dio la sofferenza sia fuori luogo, che il dolore sia fuori programma.

Eppure per tanti di noi è così, da sempre, perché i poveri disturbano, ci mostrano la faccia oscura e dura della vita, quel luogo dove non vorremmo mai essere e dove temiamo di cadere. Invece il cieco sente che un altro mondo è possibile, e che Gesù ne possiede la chiave. Infatti il rabbi ascolta e risponde, ascolta e rilancia.

E si libera tutta l’energia della vita. Notiamo come ogni gesto da qui in avanti sembra eccessivo, esagerato: Bartimèo non parla, grida; non si toglie il mantello, lo getta; non si alza da terra, ma balza in piedi.

La fede è questo: un eccesso, un’eccedenza, un di più illogico e bello. Qualcosa che moltiplica la vita: «Sono venuto perché abbiate il centuplo in questa vita». Credere fa bene. Cristo guarisce tutta l’esistenza.

Anzi il cieco comincia a guarire prima di tutto nella compassione di Gesù, nella voce che lo accarezza.

Guarisce come uomo, prima che come cieco. Perché qualcuno si è accorto di lui.

Qualcuno lo tocca, anche solo con la voce. Ed egli esce dal suo naufragio umano: l’ultimo comincia a riscoprirsi uno come gli altri, inizia a vivere perché chiamato con amore.

La guarigione di Bartimèo prende avvio quando «balza in piedi» e lascia ogni sostegno, per precipitarsi, senza vedere, verso quella voce che lo chiama: guidato, orientato solo dalla parola di Cristo, che ancora vibra nell’aria.

Anche noi cristiani ci orientiamo nella vita come il cieco di Gerico, senza vedere, solo sull’eco della Parola di Dio, che continua a seminare occhi nuovi, occhi di luce, sulla terra.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 42

2021 – Echi di Vita N°42 – UN DIO VENUTO PER SERVIRE L’UOMO

Vangelo dei paradossi perenni, della più sorprendente auto­definizione di Gesù: «venuto per servire».

Tutto nasce dal fatto che Giovanni il teologo, il discepolo amato, chiede di essere al primo posto: la ricerca del primo posto è una passione così forte che penetra e avvolge il cuore di tutti. Pericolosamente: «Non sapete quello che chiedete!».

Non avete capito ancora a cosa andate incontro, quali argine rompete con questa domanda, che cosa scatenate con questa fame di potere.

Per il Vangelo, invece, essere alla destra e alla sinistra di Cristo, vuol dire occupare due posti sul Golgota, quell’ultimo venerdì; vuol dire essere con Gesù lungo tutta la sua vita, quando è voce di Dio e bocca dei poveri, e fa dei piccoli i principi del suo Regno, quando è disarmato amore.

Stare a destra e a sinistra di questa vita vuol di­re bere alla coppa di chi ama per primo, ama in perdita, ama senza contare e calcolare.

Con Gesù, tutto ciò che sappiamo dell’amore è che l’amore è tutto.

«Sono venuto per essere servo». La più spiazzante di tutte le definizioni di Dio. Parole da vertigine: Dio mio servitore!

Dio non tiene il mondo ai suoi piedi, è inginocchiato Lui ai piedi delle sue creature.

I grandi della storia erigono troni al proprio ego smisurato, Dio non ha troni, cinge un asciugamano e vorrebbe fasciare le ferite della terra con bende di luce.

Non cercarlo al di sopra dei cieli: è disceso e si dirama nelle vene del mondo, non sopra di te ma in basso, il più vicino possibile alla tua piccolezza.

Perché essere sopra l’altro è la massima distanza dall’altro.

L’Onnipotente può solo ciò che l’amore può: servire ogni respiro, invece di mietere le nostre povere messi, seminare ancora ad ogni stagione.

Capovolgimento, punto di rottura dei vecchi pensieri su Dio e sull’uomo. Appare un tutt’altro modo di essere da cui germina la parola di Gesù: «Tra voi non sia così!».

Tra voi una storia altra, un altro cuore! E farai così, perché così fa Dio.

Ma quale pensiero se pensiamo alla brocca e all’asciugamano!

È così duro servire ogni giorno, custodire germogli, vegliare sui primi passi della luce, benedire ciò che nasce. Il cuore è subito stanco. Non resta che lasciarsi abitare da lui, irradiare di vangelo.

Se Dio è nostro servitore, servizio è il nome nuovo della storia, il nome segreto della civiltà.

don Alfredo Di Stefano

 

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 41

2021 – Echi di Vita N°41 – LA LIBERTA’ CHE IL GIOVANE RICCO NON HA CAPITO

Un tale corre incontro al Signore.

Corre, con un gesto bello, pieno di slancio e desiderio. Ha grandi domande e grandi attese. Vuole sapere se è vita o no la sua. E alla fine se ne andrà spento e deluso. Triste, perché ha un sogno ma non il coraggio di trasformarlo in realtà.

Che cosa ha cambiato tutto?

Le parole di Gesù: Vendi quello che hai, dallo ai poveri, e poi vieni.

I veri beni, il vero tesoro non sono le cose ma le persone. Per arrivarci, il percorso passa per i comandamenti, che sono i guardiani, gli angeli custodi della vita: non uccidere, non tradire, non rubare. Ma tutto questo l’ho sempre fatto. Eppure non mi basta. Che cosa mi manca ancora?

Il ricco vive la beatitudine degli insoddisfatti, cui manca sempre qualcosa, e per questo possono diventare cercatori di tesori.

Allora Gesù guardandolo, lo amò.

Lo ama per quell’eppure, per quella inquietudine che apre futuro e che ci fa creature di domanda e di ricerca. Una cosa ti manca, va’, vendi, dona…

Quell’uomo non ha un nome, è un tale, di cui sappiamo solo che è molto ricco. Il denaro si è mangiato il suo nome, per tutti è semplicemente il giovane ricco. Nel Vangelo altri ricchi hanno incontrato Gesù: Zaccheo, Levi, Lazzaro, Susanna, Giovanna. E hanno un nome perché il denaro non era la loro identità. Che cosa hanno fatto di diverso questi, che Gesù amava, cui si appoggiava con i dodici?

Hanno smesso di cercare sicurezza nel denaro e l’hanno impiegato per accrescere la vita attorno a sé. È questo che Gesù intende: tutto ciò che hai dallo ai poveri!

Più ancora che la povertà, la condivisione. Più della sobrietà, la solidarietà. Il problema è che Dio ci ha dato le cose per servircene e gli uomini per amarli. E noi abbiamo amato le cose e ci siamo serviti degli uomini…

Quello che Gesù propone non è tanto un uomo spoglio di tutto, quanto un uomo libero e pieno di relazioni.

Libero, e con cento legami. Come nella risposta a Pietro: Signore, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito, cosa avremo in cambio? Avrai in cambio una vita moltiplicata. Che si riempie di volti: avrai cento fratelli e sorelle e madri e figli…

Seguire Cristo non è un discorso di sacrifici, ma di moltiplicazione: lasciare tutto ma per avere tutto. Il Vangelo chiede la rinuncia, ma solo di ciò che è zavorra che impedisce il volo.

Messaggio attualissimo: la scoperta che il vivere semplice e sobrio spalanca possibilità inimmaginabili.

Allora capiamo che Dio è gioia, libertà e pienezza, che «il Regno verrà con il fiorire della vita in tutte le sue forme» (Vannucci).

Che ogni discepolo può dire: «con gli occhi nel sole/ a ogni alba io so/ che rinunciare per te/ è uguale a fiorire» (Marcolini).

 

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 40

2021 – Echi di Vita N°40 – NON RIPUDIAMO IL SOGNO DI FIO

Una domanda trabocchetto: è lecito o no a un marito ripudiare la moglie?

I farisei conoscono bene la legge di Mosè; sanno però che esiste un conflitto tra norma e vita, e molto dolore tra le donne ripudiate, e mettono alla prova Gesù in questa strettoia tra la regola e la vita, tra il sabato e l’uomo: starà con la legge o con la persona?

Gesù risponde rilanciando in alto, ci porta subito oltre lecito e illecito, oltre le strettoie di una vita immaginata come esecuzione di ordini, come ob­bedienza a norme. Ci porta a respirare un sogno, l’aria degli inizi: in principio, prima della durezza del cuore, non fu così: non è bene che l’uomo sia solo!

Nel regno della bellezza e della gratuità, nel cuore dell’Eden, Dio scopre un non­bene, una mancanza che precede la colpa originale, un male più antico del peccato: la solitudine, il primo nemico della vita.

A Lui interessa che nessuno sia soffocato dalle spire della solitudine: «gli voglio fare un aiuto che gli sia simile».

«Aiuto» è parola bellissima che riempie i salmi, che deborda dalle profezie, gridata nel pericolo, invocata nel pianto, molto più di un supplemento di forza o di speranza, indica una salvezza possibile e vicina.

Eva e Adamo sono l’uno per l’altro «aiuto simi­le», salvezza che cammina a fianco, una carne sola. In principio, prima della durezza del cuore, era così.

L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto. Non contaminare il sogno di Dio, ecco l’imperativo.

Ma questo non avviene a causa di una sanzione giuridica che ratifica la fine di un patto nuziale, ma accade a monte, per cento eventi, per quei comportamenti che producono l’indurimento del cuore e  non  sanno  mantenere  vivo  l’amore: l’infedeltà,

la mancanza di rispetto, l’offesa alla dignità, l’essere l’uno per l’altro non causa di vita ma di morte quotidiana.

Un matrimonio che non si divide non è una norma difficile da osservare, è «vangelo», lieta notizia che l’amore è possibile, che può durare oltre, che il cuore tenero è capace di un sogno che non svanisce all’alba, e che è secondo il cuore di Dio.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 39

2021 – Echi di Vita N°39 – TUTTO IL VANGELO IN UN BICCHIERE D’ACQUA

Maestro, quell’uomo guariva e liberava, ma non era dei nostri, non era in regola, e noi glielo abbiamo impedito.

Come se dicessero: i malati non sono un problema nostro, si arrangino, prima le regole. I miracoli, la salute, la libertà, il dolore dell’uomo possono attendere.

Non era, non sono dei nostri. Tutti lo ripetono: gli apostoli di allora, i partiti, le chiese, le nazioni, i sovranisti. Separano. Invece noi vogliamo seguire Gesù, l’uomo senza barriere, il cui progetto si riassume in una sola parola, comunione con tutto ciò che vive: non glielo impedite, perché chi non è contro di noi è per noi.

Chiunque aiuta il mondo a fiorire è dei nostri. Chiunque trasmette libertà è mio discepolo. Si può essere uomini che incarnano sogni di Vangelo senza essere cristiani, perché il regno di Dio è più vasto e più profondo di tutte le nostre istituzioni messe insieme.

Gesù invita i suoi a passare dalla contrapposizione ideologica alla proposta gioiosa, disarmata, fidente del Vangelo. A imparare a godere del bene del mondo, da chiunque sia fatto; a gustare le buone notizie, bellezza e giustizia, da dovunque vengano. A sentire come dato a noi il sorso di vita regalato a qualcuno: chiunque vi darà un bicchiere d’acqua non perderà la sua ricompensa. Chiunque, e non ci sono clausole, appartenenze, condizioni.

La vera distinzione non è tra chi va in chiesa e chi non ci va, ma tra chi si ferma accanto all’uomo bastonato dai briganti, si china, versa olio e vino, e chi invece tira dritto.

Un bicchiere d’acqua, il quasi niente, una cosa così povera che tutti hanno in casa.

Gesù semplifica la vita: tutto il Vangelo in un bicchiere d’acqua.

Di fronte all’invasività del male, Gesù conforta: al male contrapponi il tuo bicchiere d’acqua; e poi fidati: il peggio non prevarrà.

Se il tuo occhio, se la tua mano ti scandalizzano, tagliali… metafore incisive per dire la serietà con cui si deve aver cura di non sbagliare la vita e per riproporre il sogno di un mondo dove le mani sanno solo donare e i piedi andare incontro al fratello.

Un mondo dove fioriscono occhi più luminosi del giorno, dove tutti sono dei nostri, tutti amici della vita, e, proprio per questo, tutti secondo il cuore di Dio.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 38

2021 – Echi di Vita N°38 – VERGINE MADRE, FIGLIA DEL TUO FIGLIO…

umile e alta più che creatura, termine fisso d’etterno consiglio,

tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì, che ‘l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura.

Chissà se questi versi bellissimi che Dante pone sulle labbra di San Bernardo al termine del suo viaggio nel Paradiso, avranno ispirato l’autore di questo antico affresco!

E’, infatti, dell’inizio del ‘400, realizzato da un certo Antonio d’Alatri ed era, quasi certamente, nell’altare di destra della nostra antica chiesa parrocchiale su al Castello.

Esso mostra la Vergine seduta in trono che allatta il Bambino, affiancata da San Giovanni Battista che col dito indica Gesù e da Santa Caterina d’Alessandria con la palma del suo martirio. In alto un volo di angeli (malamente ridipinti in tempi successivi) e un tondo con la Crocifissione.

L’affresco, salvatosi dalla demolizione voluta da Ugo Boncompagni che nel 1630 trasferì la parrocchia nella parte bassa del paese, fu reincorniciato e posto sull’unico altare dell’attuale Cappella voluta da Ippolita Ludovisi, moglie di Gregorio II.

Fu poi coperto dalla tela seicentesca (foto a ds) che eravamo abituati a vedere, raffigurante la Vergine col Bambino insieme a San Domenico di Guzman e a San Tommaso d’Aquino, ora spostata sulla parete di sinistra.

Si sapeva della sua esistenza e tanta era la curiosità. Ora, grazie alla famiglia Viscogliosi, attuali proprietari del Castello, abbiamo la possibilità di godere di ambedue i “tesori” d’arte e di fede.

E lo facciamo in questi giorni di festa, che coincidono anche con la chiusura del ciclo di incontri che la nostra Parrocchia ha voluto dedicare a Dante Alighieri, proprio nella Corte del Castello con un momento di preghiera, di musica e di riflessione sull’Inno alla Vergine.

Nel ventre tuo si raccese l’amore, per lo cui caldo ne l’etterna pace così è germinato questo fiore.

Qui se’ a noi meridïana face di caritate, e giuso, intra ‘ mortali, se’ di speranza fontana vivace.

Donna, se’ tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia e a te non ricorre, sua disïanza vuol volar sanz’ ali.

La tua benignità non pur soccorre a chi domanda, ma molte fïate liberamente al dimandar precorre.

In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s’aduna quantunque in creatura è di bontate.

Canto XXXIII Paradiso vv 1-21

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 37

2021 – Echi di Vita N°37 – QUELLA DOMANDA: CHI SONO PER TE?

La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo? Dicono che sei un profeta: una creatura di fuoco e roccia, di fuoco e luce, come Elia, come il Battista; dicono che sei voce di Dio e suo respiro. Gesù non si sofferma oltre su ciò che dice la gente. Lui sa che la verità non risiede nei sondaggi d’opinione.

E pone la grande domanda, quella che fa vivere la fede: E voi, chi dite che io sia?

Una domanda da custodire e amare, perché il Signore ci educa alla fede attraverso domande: tu, con il tuo cuore, la tua storia, il tuo peccato e la tua gioia, tu, cosa dici di Gesù?

Ora non servono più libri o formule di catechismo; ognuno uscito dalle mani di Dio, ognuno caduto e risorto, affamato e incamminato deve dare la sua risposta. La Bibbia è piena di nomi di Dio -pastore, sorgente, fuoco, rugiada, vino, amante, braccio forte, carezza-

A Dio si addicono tutti i nomi.

Un salmo lo chiama «roccia e nido» (84,4); un altro «sole e scudo» (5,13), ma è ancora «ciò che la gente dice», anche se con parole sante.

C’è un ultimo nome, il nome che gli dà il mio patire e il mio gioire, che contiene il mio sapore di Dio, che viene dall’averlo molto cercato, qualche volta sentito, in qualche modo sfiorato con le dita dell’anima: tu sei il Cristo. Non una persona di ieri, come Elia o il Battista, non un ricordo, niente sei tra le cose passate.

Ma Cristo cos’è «per me»?

Per me vivere è Cristo, ha detto Paolo. Perme, adesso, Cristo significa vivere. Già solo nominarlo equivale a confortare e intensificare la vita: più Cristo equivale a più io.

E cominciò a insegnare loro che il figlio dell’uomo doveva molto soffrire.

Pietro si ribella, come mi ribello anch’io. Un Dio di molto patire non è ciò che mi attendevo. Posso seguire le indicazioni spirituali di Gesù, le sue regole morali mi convincono, mi seduce un Gesù guaritore e camminatore, accogliente e amicale, libero come nessuno, posso avere gli stessi suoi sentimenti.  Ma la croce!

La croce è l’impensabile di Dio, il mezzo più scandalosamente povero, ma è anche l’abisso dove Dio diviene l’amante, amore fino alla fine, senza inganno alcuno, Dio affidabile.

Solo allora i discepoli capiranno chi è Gesù: disarmato amore, crocifisso amore, e per questo vincente.

Se qualcuno vuol venire dietro di me, prenda su di sé una vita che sia simile alla mia, che sia croce e dono, non per patire di più, ma per far fiorire di più la zolla di terra del cuore, e poi essere nella vita datore di vita. Come Lui.

don Alfredo Di Stefano

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