Mandali via, è sera ormai, e siamo in un luogo deserto.
Gli apostoli si preoccupano per la folla, ne condividono la fame, ma non vedono soluzioni: «lascia che ciascuno vada a risolversi i suoi problemi, come può, dove può».
Ma Gesù non ha mai mandato via nessuno. Anzi vuole fare di quel luogo deserto una casa calda di pane e di affetto. E condividendo la fame dell’uomo, condivide il volto del Padre: alcuni uomini hanno così tanta fame, che per loro Dio non può avere che la forma di un pane.
E allora imprime un improvviso cambio di direzione al racconto, attraverso una richiesta illogica ai suoi: Date loro voi stessi da mangiare, asciutto, concreto: date.
Nel Vangelo il verbo amare si traduce sempre con un altro verbo, fattivo, di mani: dare.
Ma è una richiesta impossibile: non abbiamo che cinque pani e due pesci. Un pane per ogni mille persone e due pesciolini: è poco, quasi niente, non basta neppure per la nostra cena.
Ma il Signore vuole che nei suoi discepoli metta radici il suo coraggio e il miracolo del dono.
C’è pane sulla terra a sufficienza per la fame di tutti, ma non è sufficiente per l’avidità di pochi. Eppure chi dona non diventa mai povero. La vita vive di vita donata.
Fateli sedere a gruppi. Nessuno da solo, tutti dentro un cerchio, tutti dentro un legame; seduti, come si fa per una cena importante; fianco a fianco, come per una cena in famiglia: primo passo per entrare nel gioco divino del dono.
Fuori, non c’è altro che una tavola d’erba, primo altare del vangelo, e il Iago sullo sfondo con la sua abside azzurra. La sorpresa di quella sera è che poco pane condiviso tra tutti, che passa di mano in mano e ne rimane in ogni mano, diventa sufficiente, si moltiplica in pane infinito.
La sorpresa è vedere che la fine della fame non consiste nel mangiare da solo, a sazietà, il mio pane, ma nello spartire il poco che ho, e non importa cosa: due pesci, un bicchiere d’acqua fresca, olio e vino sulle ferite, un po’ di tempo e un po’ di cuore, una carezza amorevole.
Sento che questa è la grande parola del pane, che il nostro compito nella vita sa di pane: non andarcene da questa terra senza essere prima diventati pezzo di pane buono per la vita e la pace di qualcuno.
Tutti mangiarono a sazietà.
Quel “tutti” è importante. Sono bambini, donne, uomini. Sono santi e peccatori, sinceri o bugiardi, nessuno escluso. Prodigiosa moltiplicazione: non del pane ma del cuore.
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