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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2022 N 39

2022 – Echi di Vita N°39 – IL PECCATO DEL RICCO? NON VEDERE I BISOGNOSI

Una parabola dura e dolce, con la morte a fare da spartiacque tra due scene: nella prima il ricco e il povero sono contrapposti in un confronto impietoso; nella seconda, si intreccia, sopra il grande abisso, un dialogo mirabile tra il ricco e il padre Abramo.

Prima scena: un personaggio avvolto di porpora, uno vestito di piaghe; il ricco banchetta a sazietà e spreca, Lazzaro guarda con occhi tristi e affamati, a gara con i cani, se sotto la tavola è caduta una briciola.

Morì il povero e fu portato nel seno di Abramo, morì il ricco e fu sepolto nell’inferno.

Una domanda si impone con forza a questo punto: perché il ricco è condannato nell’abisso di fuoco? Di quale peccato si è macchiato?

 

Gesù non denuncia una mancanza specifica o qualche trasgressione di comandamenti o precetti. Mette in evidenza il nodo di fondo: un modo iniquo di abitare la terra, un modo profondamente ateo, anche se non trasgredisce nessuna legge.

Un mondo così, dove uno vive da Dio e uno da rifiuto, è quello sognato da Dio?

È normale che una creatura sia ridotta in condizioni disumane per sopravvivere?

 

Prima ancora che sui comandamenti, lo sguardo di Gesù si posa su di una realtà profondamente malata, da dove sale uno stridore, un conflitto, un orrore che avvolge tutta la scena. E che ci fa provare vergogna.

Di quale peccato si tratta?

Se mi chiudo nel mio io, anche adorno di tutte le virtù, ma non partecipo all’esistenza degli altri, se non sono sensibile e non mi dischiudo agli altri, posso essere privo di peccati, eppure vivo in una situazione di peccato.

 

Doveva scavalcarlo sulla soglia ogni volta che entrava o usciva dalla sua villa, e, impassibile, neppure lo vedeva!

Non gli ha fatto del male, no. Semplicemente Lazzaro non c’era, non esisteva, lo ha ridotto a un rifiuto, a nulla.

Ora Lazzaro è portato in alto, accolto nel grembo di Abramo, che proclama il diritto di tutti i poveri ad essere trattati come figli. Ma “figlio” è chiamato anche il ricco, nonostante l’inferno, anche lui figlio per sempre di un Abramo dalla dolcezza di madre.

Padre, una goccia d’acqua sopra l’abisso! Una parola sola per i miei cinque fratelli!

E invece no, perché non è la morte che converte, ma la vita.

 

Hanno Mosè e i profeti, hanno il grido dei poveri, che sono la voce e la carne di un Dio che si identifica con loro.

Si tratta allora di prendere, come Gesù, il punto di vista dei poveri, di scegliere sempre l’umano contro il disumano, con quel suo sguardo amoroso e forte davanti al quale ogni legge diventa piccina, perfino quella di Mosè.

don Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2022 N 38 - Evidenza

2022 – Echi di Vita N°38 – LA VERA RICCHEZZA E’ «FARSI DEGLI AMICI»

Un’altra parabola dal finale spiazzante: il truffato loda il suo truffatore.

La lode del signore però ha un bersaglio preciso, non si riferisce alla disonestà dell’amministratore, ma alla sua scaltrezza.

 

Ha saputo fermarsi a pensare e lì ha incominciato a capire la differenza tra falsa ricchezza e vera ricchezza. Poi ha iniziato a usare il patrimonio economico per crearsi il vero patrimonio, quello relazionale: farsi degli amici che lo accolgano.

 

Siediti e scrivi cinquanta, prendi la ricevuta e scrivi ottanta.

Forse è pronto a eliminare dal debito la percentuale che spettava a lui, ma questo non è determinate. Ha capito dove investire: condividere il debito per creare reddito, reddito di amicizia, spirituale.

 

E il racconto continua assicurando che servono amici e relazioni buone nella vita, che solo questi possono darti un futuro, addirittura “nelle dimore eterne”.

Vita eterna, casa eterna, sono termini che sulla bocca di Gesù non indicano tanto ciò che accadrà alla fine della vita, nel cielo o negli inferi, quanto quello che rende la vita vera, già da ora, qui tra noi, la vita così come dev’essere, l’autentico dell’umano.

 

Ed ecco il meraviglioso comandamento: fatevi degli amici. Perfino con la disonesta ricchezza. Le persone valgono più del denaro. Il bene è sempre bene, è comunque bene. L’elemosina anche fatta da un ladro, non cessa di essere elemosina.

l bene non è mai inutile.

Non è il male che revoca il bene che hai fatto. Accade il contrario: è il bene che revoca, annulla, abroga il male che hai commesso.

Nessuno può servire due padroni, Dio e la ricchezza. Il grande potere della ricchezza è quello di renderci atei. Il vero nemico, l’avversario di Dio nella Bibbia non è il diavolo, infatti Gesù libera la persona dai demoni che si sono installati in lui.

Il competitore di Dio non è neppure il peccato: Dio perdona e azzera i peccati.

Il vero concorrente di Dio, il Dio alternativo, è la ricchezza. La ricchezza è atea. Si conquista la fiducia, dona certezze, prende il cuore. Il ricco è malato di ateismo.

Non importa che frequenti la chiesa, è un aspetto di superficie che non modifica la sostanza.

Il suo Dio è in banca. E il suo cuore è lì, vicino al suo denaro.

La soluzione che Gesù offre è “fatevi degli amici”: saranno loro ad accogliervi, prima e meglio degli angeli.

Gli amici apriranno sempre la porta come se il cielo fosse casa loro, come se la chiavi dell’eternità per te le avessero trovate loro, quelli che tu, per un giorno o una vita, hai reso felici.

don Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2022 N 37 - Evidenza

2022 – Echi di Vita N°37 – DIO E’ AMICO DI QUANTI GLI SONO NEMICI

Le tre parabole della misericordia sono davvero il Vangelo del Vangelo. Sale dal loro fondo un volto di Dio che è la più bella notizia che potevamo ricevere.

 

Gesù accoglieva i peccatori e mangiava con loro. E questo scandalizzava i farisei: Questi peccatori sono i nemici di Dio! E Gesù per tre volte a mostrare che Dio è amico di quanti gli sono nemici.

Pubblicani e prostitute sono lontani da Dio! Stai lontano da loro! E Gesù a raccontare che Dio è vicino a quanti si sono perduti lontano.

 

Scribi e sacerdoti si ribellano a questa idea di Dio. Loro pensano di conoscere, di circoscrivere i luoghi di Dio: Dio è nel tempio, nell’osservanza della legge, nei sacrifici, nella religione, nella penitenza.

Gesù abbatte tutti questi recinti: Dio è nella vita, là dove un figlio soffre e si perde, è nella paura della pecora smarrita, è accanto all’inutilità della moneta perduta, nella fame del figlio prodigo.

 

I farisei, i moralisti dicono: troverai Dio come risultato dei tuoi sforzi.

Gesù dice: sarà Dio a trovare te; non fuggire più, lasciati abbracciare, dovunque tu sia, e ci sarà gioia libertà e pienezza.

 

Le tre parabole, mettendo in scena perdita e ritrovamento, sottolineano la pena di Dio che cerca, ma molto di più la gioia quando trova. Ecco allora la passione del pastore, il suo inseguimento per steppe e pietraie.

 

La pecora perduta non torna da sé all’ovile; non è pentita, ma è a rischio della vita; non trova lei il pastore, ma è trovata; non è punita, ma caricata sulle spalle, perché sia più leggero il ritorno.

 

Un Dio pastore che è in cerca di noi molto più di quanto noi cerchiamo lui. Se anche noi lo perdiamo, lui non ci perde mai.

 

Un Dio ‘donna di casa’ che ha perso una moneta, madre in ansia che non ha figli da perdere, e se ne perde uno solo la sua casa è vuota; che accende la lampada e si mette a spazzare ogni angolo e troverà il suo tesoro, lo troverà sotto tutta la spazzatura raccolta nella casa.

 

E mostra come anche noi, sotto lo sporco e i graffi della vita, sotto difetti e peccati, possiamo scovare, in noi e negli altri, un piccolo grande tesoro anche se in vasi di creta, pagliuzze d’oro nella corrente e nel fango.

 

Tutte e tre le parabole terminano con un identico crescendo. L’ultima nota è una gioia, una contentezza, una felicità che coinvolge cielo e terra, che convoca amici e vicini.

 

 

Da che cosa nasce la felicità di Dio? Da un innamoramento! Questo perdersi e cercarsi, questo ritrovarsi e perdersi di nuovo, la nostra esperienza.

Dio gira di notte nella città e a tutti chiede una sola cosa: avete visto l’amato del mio cuore?

Sono io l’amato perduto. Dio è in cerca di me, notte e giorno.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2022 N 36

2022 – Echi di Vita N°36 – LA FELICITA’ CHE SOLO GESU’ PUO’ DARE

«Se uno viene a me, e non mi ama più di quanto ami suo padre, sua madre, sua moglie, i suoi figli…».

Le parole di Gesù bruciano, sono difficili, perfino pericolose se capite male, ma a capirle a fondo sono bellissime.

Sembrano una crocifissione e sono una risurrezione del cuore.

Il centro di queste frasi non sta in una serie di «no» detti alle cose belle e forti della vita, ma in un «» detto a una cosa più bella ancora, che Dio solo ha e nessun altro può dare.

L’accento delle frasi non è sulla rinuncia, ma sulla conquista. È come se Gesù dicesse: tu sai quanto è bello voler bene a padre, madre, moglie o marito, ai figli, quanto fa bene, quanto fa vivere.

Io ti offro un bene ancora più grande e bello, che non toglie niente, aggiunge forza, gioia, profondità.

Dice Gesù: io posso darti più di tutti gli affetti della famiglia…

Sembrano le parole di uno fuori dalla realtà, di un esaltato: «Io ho qualcosa di più bello delle esperienze più belle che puoi fare sulla terra, io solo posso farti rintracciare la felicità. Io solo».

Nessuno ha mai detto «Io» con questa forza e con questa pretesa.

«Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo»: «portare» è ben più di «sopportare»; «croce» non è la metafora di tutte le fatiche, le difficoltà e le sofferenze della vita; quella parola contiene il vertice e il riassunto della vicenda di Gesù.

«Portare la propria croce» è una espressione forte che non si riduce a un invito alla rassegnazione, saggio ma in fondo scontato.

Si tratta di una scelta attiva: scegli per te una vita che assomigli a quella di Gesù: pensa i suoi pensieri, ripeti le sue scelte, preferisci quelli che lui preferiva, vivi una vita come la sua, che sapeva amare come nessuno.

Prendi su di te la tua porzione d’amore altrimenti non vivi; prendi la porzione di dolore che ogni amore comporta, altrimenti non ami.

Allora capiamo che il cristiano non è figlio di una sottrazione, ma di una addizione, che Cristo è intensificazione dell’umano, che nominarlo equivale ad incrementare la vita.

Al centro di tutto sta un Assoluto che offre la sua luce sulla vita e sulla morte, che dona eternità a tutto ciò che di più bello portiamo nel cuore. Che non toglie amori, ne aggiunge. Il discepolo è uno che sulla luce dei suoi amori stende una luce più grande.

Questo Gesù non lo ami se non lo conosci, ma se arrivi a conoscerlo non lo lasci più.

 

don Alfredo Di Stefano

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