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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 30

2021 – Echi di Vita N°30 – QUEL LIEVITO DI UN PANE CHE NON FINISCE

La moltiplicazione dei pani è qualcosa di così importante da essere l’unico miracolo presente in tutti e quattro i Vangeli. Più che un miracolo è un segno per capire Gesù: Lui ha pane per tutti, lui fa vivere! Lo fa offrendo ciò che nutre le profondità della vita, alimentando la vita con gesti e parole che guariscono dal male, dal disamore.

Cinquemila uomini, e attorno è primavera; sul monte, simbolo del luogo dove Dio nella Bibbia si rivela; un ragazzo, non ancora un uomo, che ha pani d’orzo, il pane nuovo, fatto con il primo cereale che matura.

Un giovane uomo, nuovo anche nella sua generosità. Nessuno gli chiede nulla e lui mette tutto a disposizione; è poca cosa ma è tutto ciò che ha. Poteva giustificarsi: che cosa sono cinque pani per cinquemila persone? Sono meno di niente, inutile sprecarli.

Invece mette a disposizione quello che ha, senza pensare se sia molto o se sia poco. È tutto!

Ed ecco che per una misteriosa regola divina quando il mio pane diventa il nostro pane, si moltiplica. Ecco che poco pane condiviso fra tutti diventa sufficiente.

C’è tanto di quel pane sulla terra, tanto di quel cibo, che a non sprecarlo e a condividerlo basterebbe per tutti. E invece tutti ad accumulare e nessuno a distribuire! Perché manca il lievito evangelico.

Il cristiano è chiamato a fornire al mondo lievito più che pane: ideali, motivazioni per agire, sogni grandi che convochino verso un altro mondo possibile.

Giovanni riassume l’agire di Gesù in tre verbi: «Prese il pane, rese grazie e distribuì».

Tre verbi che, se li adottiamo, possono fare di ogni vita un Vangelo: accogliere, rendere grazie, donare. Noi non siamo i padroni delle cose, le accogliamo in dono e in prestito.

Se ci consideriamo padroni assoluti siamo portati a farne ciò che vogliamo, a profanare le cose. Invece l’aria, l’acqua, la terra, il pane, tutto quello che ci circonda non è nostro, sono beni da custodire.

Il Vangelo non parla di moltiplicazione, ma di distribuzione, di un pane che non finisce. E mentre lo distribuivano non veniva a mancare, e mentre passava di mano in mano restava in ogni mano. Come avvengano certi miracoli non lo sapremo mai. Ci sono e basta. Ci sono, quando a vincere è la legge della generosità.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 29

2021 – Echi di Vita N°29 – IL RIPOSO, QUEL SANO GESTO DI UMILTA’

C’era tanta gente che non avevano neanche il tempo di mangiare. Gesù mostra una tenerezza come di madre nei confronti dei suoi discepoli: Andiamo via, e riposatevi un po’.

Lo sguardo di Gesù va a cogliere la stanchezza, gli smarrimenti, la fatica dei suoi.

 

Per lui prima di tutto viene la persona; non i risultati ottenuti, ma l’armonia, la salute profonda del cuore.

E quando, sceso dalla barca, vede la grande folla, il suo primo sguardo si posa, come sempre nel Vangelo, sulla povertà degli uomini e non sulle loro azioni o sul loro peccato.

 

Più di ciò che fai a lui interessa ciò che sei: non chiede ai dodici di andare a pregare, di preparare nuove missioni, solo di prendersi un po’ di tempo tutto per loro, del tempo per vivere. È un gesto d’amore, di uno che vuole loro bene e li vuole felici.

 

Se vuoi fare bene tutte le tue cose, ogni tanto smetti di farle, cioè riposati. Un sano atto di umiltà, nella consapevolezza che non siamo noi a salvare il mondo, che le nostre vite sono delicate e fragili, le energie limitate.

Gesù insegna una duplice strategia: fare le cose come se tutto dipendesse da noi, con impegno e dedizione; e poi farle come se tutto di­pendesse da Dio, con leggerezza e fiducia. Fare tutto ciò che sta in te, e poi lasciar fare tutto a Dio.

 

Un particolare: venite in disparte, con me.

 

Stare con Gesù, per imparare da lui il cuore di Dio. Ritornare poi nella folla, portando con sé un santuario di bellezza che solo Dio può accendere.

 

Ma qualcosa cambia i programmi: sceso dalla barca vide una grande folla ed ebbe compassione di loro. Prendiamo questa parola, bella come un miracolo, come filo conduttore: la compassione.

 

Gesù cambia i suoi programmi, ma non quelli dei suoi amici. Rinuncia al suo riposo, non al loro. E ciò che offre alla gente è per prima cosa la compassione, il provare dolore per il dolore dell’altro; il moto del cuore che muove la mano a fare.

 

Stai con Gesù, lo guardi agire, e lui ti offre il primo insegnamento: «come guardare», prima ancora di come parlare; uno sguardo che abbia commozione e tenerezza, le parole e i gesti seguiranno.

Quando impari il sentimento divino della compassione, il mondo si innesta nella tua anima.

Se ancora c’è chi si commuove per l’ultimo uomo, questo uomo avrà un futuro.

Gesù sa che non è il dolore che annulla in noi la speranza, non è il morire, ma l’essere senza conforto. Facciamo in modo di non privare il mondo della nostra compassione, consapevoli che ciò che possiamo fare è solo una goccia nell’oceano.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 28

2021 – Echi di Vita N°28 – DOMENICA: FESTA DEL CROCIFISSO

L’ immagine del nostro Crocifisso porta inevitabilmente a fissare lo sguardo su Gesù incoronato di spine, lui preso in giro come un re da burla e sul cartello della croce la scritta: “il re dei giudei”.

Una sconfitta? No!

La fede cristiana riconoscerà che proprio quella croce è il «trono di gloria» sul quale il Signore regna e dal quale egli giudica il mondo.

Contemplando quel Crocifisso, custodito nella nostra chiesa di S. Antonio e così caro agli isolani, noi sappiamo che il nostro giudice è e sarà colui che ha dato la vita per noi sul legno della croce. Questo è per noi fonte di grande consolazione e fiducia: non saremo giudicati da un sovrano implacabile e lontano, ma da Colui che, donando la sua vita sulla croce, ha rivelato l’amore fedele di Dio.

Il richiamo a riconoscerlo, accoglierlo e soccorrerlo nel povero, nel malato, nel bisognoso non viene, però, meno. Anzi! Proprio nella croce Gesù si identifica col povero, col prigioniero, con chi è nudo e privo di tutto.

Contemplando il nostro Crocifisso, chiediamo dunque la grazia di amare e servire il Signore in coloro che sembrano gli “scarti” della vita e che ci sia aperta così la via della salvezza e del regno che il Padre ci ha preparato.

La regalità di Gesù non è però solo qualcosa da contemplare. Riconoscere Gesù come re significa, come lui stesso dice a Pilato, ascoltare la sua voce: «Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

Forse anche noi siamo tentati di reagire come fa Pilato, quando chiede (il vangelo lo racconta subito dopo, Gv 18, 38): «Ma che cos’è la verità?»

Non si vuole riproporre una delle grandi domande del pensiero filosofico, ma piuttosto un modo per dire: no, grazie, la verità della quale tu rendi testimonianza non mi interessa.

   E’ per noi, invece, la sfida di ascoltare la voce di colui che rende testimonianza alla verità. Non si tratta, lo sappiamo bene, di un ascolto solo d’orecchio o di pensiero: ascoltare, nel linguaggio della Bibbia e del Vangelo, significa sempre anche «fare», mettere in pratica. Scrivendo agli Efesini, Paolo dice che i cristiani sono chiamati a «fare la verità nell’amore» (cf. Ef 4, 15): perché la verità cristiana si mostra, in definitiva, nell’amore con il quale Cristo ci ha amati e ha voluto regnare su di noi non opprimendo, ma donando sé stesso senza riserve.

Sostando davanti ad ogni croce, e in particolare davanti al nostro Crocifisso, in questi giorni non più velato, chiediamo la grazia di contemplare il Signore sul suo trono regale.

Così é esposto in san Lorenzo, al centro e dietro l’altare, per riconoscere in lui la verità dell’amore di Dio, che giudica e salva il mondo, per ascoltare la sua parola e, anche noi, «fare la verità nell’ amore».

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 27

2021 – Echi di Vita N°27 – PROVIAMO A SALVARE ALMENO LO STUPORE!

Davanti al rifiuto Gesù mostra una dedizione incondizionata. Chiuso tra lo stupore della gente di Nazaret e la dolorosa meraviglia di Gesù, il racconto si impernia su cinque domande che contengono ben più di un conflitto di sentimenti: contengono lo scandalo della fede.

«Da dove gli vengono queste cose, questa sapienza, questi prodigi, da dove?» C’è qui “un di più“, una rivelazione che non è il frutto della nostra esperienza, per quanto ampliata e approfondita, ma la contesta.

Il suo vangelo viene da fuori, ha un’altra origine. Ma presto, subito, lo stupore evolve verso il rifiuto: «non è costui il falegname, il figlio di Maria, non ha quattro fratelli e alcune sorelle? che cos’ha più di noi?».

Ora è la normalità che contesta la profezia. Ogni generazione dissipa così i suoi profeti.

Il Figlio di Dio non può venire in questo modo, con mani da carpentiere, segnato dalla fatica, con problemi familiari, e nulla di sublime.

Che Dio sia così, ecco lo scandalo della fede, che la forza della Parola si rivesta di debolezza e di quotidiano, che la potenza di Dio sia tutta nell’impotenza della croce.

E la logica umana aggiunge: hai un mestiere e una casa, cosa vai cercando con il cuore fra le nuvole? Hai la tua famiglia, la sinagoga e il Libro: bastano a spiegare tutto, sono il senso del vivere, la tua identità. Quale altro mondo vieni ora a proporre?

Quale esso sia, appare alla fine del brano, quando Marco registra la meraviglia e la delusione di Gesù: «e non vi poté operare nessun prodigio». Ma subito si corregge: «solo impose le mani a pochi malati e li guarì».

Ecco il mondo nuovo: il Dio rifiutato si fa guarigione, l’amante respinto continua ad amare; l’amore non è stanco, è solo stupito; non nutre rancori, continua a inviare segnali di vita. Qualunque sia l’atteggiamento del popolo, ascoltino  o  non  ascoltino, Dio ha deciso di farsi compagnia del suo popolo, di essere lì, anche in esilio, profeta  inascoltato, a condividere tutto dell’uomo, a scegliere ciò che nel mondo è debole per confondere i forti.

E «quando sono debole è allora che sono forte», forte di quanta forza ha la Parola che bussa alla mia porta chiusa, a stupire i miei no.

In principio, lo stupore. Un sentimento debole, una breve eccitazione, se non trova la strada del cuore. Maestra di stupore è per noi santa Maria, che si stupiva e non capiva, ma conservava e meditava tutte queste cose nel suo cuore. Così noi: conservare e meditare queste cose, e sempre nel cuore, perché ci sia dato di salvare almeno lo stupore.

don Alfredo Di Stefano

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