I sadducei propongono a Gesù una storia paradossale per mettere in ridicolo l’ipotesi stessa della risurrezione.
Ci sono molti cristiani come sadducei: l’eternità appare loro poco attraente, forse perché percepita più come durata che come intensità; come prolungamento del presente, mentre in primo luogo è il modo di esistere di Dio.
C’erano sette fratelli, e quella donna mai madre e vedova sette volte, di chi sarà nell’ultimo giorno? Non sarà di nessuno. Perché nessuno sarà più possesso di nessuno.
All’inizio, nei sette fratelli preme un’ansia di dare la vita, un bisogno di fecondità. Alla fine, l’ansia umana diventa ansia divina quando Gesù afferma: e saranno figli di Dio, perché sono figli della risurrezione.
In Dio e nell’uomo urge lo stesso bisogno di dare la vita a figli da amare.
La fede nella risurrezione non è frutto del mio bisogno di esistere oltre la morte, ma racconta il bisogno di Dio di dare vita, di custodire vite all’ombra delle sue ali.
Quelli che risorgono non prendono moglie né marito, dice Gesù. In quel tempo sarà inutile il matrimonio, ma non inutile l’amore. Perché amare è la pienezza dell’uomo e la pienezza di Dio.
Saranno come angeli. Gli angeli non sono le creature gentili e un po’ evanescenti del nostro immaginario. Nella Bibbia gli angeli hanno la potenza di Dio, un dinamismo che trapassa, sale, penetra, che vola nella luce, nell’ardore, nella bellezza.
Il loro compito sarà custodire, illuminare, reggere, rendere bello l’amore.
Ogni amore vero che abbiamo vissuto si sommerà agli altri nostri amori, senza gelosie e senza esclusioni, donerà non limiti o rimpianti, ma una impensata capacità di intensità e di profondità.
Dio appartiene a loro, loro appartengono a Dio. Dio di Abramo, di Isacco, di Gesù, Dio di mio padre, di mia madre…
Se quei nomi, quelle persone non esistono più, è Dio stesso che non esiste.
Se quel legame si dissolve, è il nome stesso di Dio che si spezza.
Per questo li farà risorgere: solo la nostra risurrezione farà di Dio il Padre per sempre.
don Alfredo Di Stefano
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