Echi di Vita N°38 – ACCOGLIERE DIO IN UN BAMBINO…
Gesù mette i dodici, e noi con loro, sotto il giudizio di quel limpidissimo e stravolgente pensiero: chi vuol essere il primo sia l’ultimo e il servo di tutti. Offre di se stesso tre definizioni, una più
contromano dell’altra: ultimo, servitore, bambino.
Chi è il più grande? Di questo avevano discusso lungo la via. Ed ecco il modo magistrale di Gesù di gestire le relazioni: non rimprovera i suoi, non li giudica, non li accusa, pensa invece ad una strategia per educarli ancora. E lo fa con un gesto inedito: un abbraccio a un bambino.
Gesù mette al centro non se stesso, ma il più inerme e disarmato, il più indifeso e senza diritti, il più debole, il più amato, un bambino. Se non diventerete come bambini.
Arrendersi all’infanzia è arrendersi al cuore e al sorriso, accettare di lasciare la propria mano in quella dell’altro, abbandonarsi senza riserve. Proporre il bambino come modello del credente è far
entrare nella religione l’inedito.
Cosa sa un bambino? La tenerezza degli abbracci, l’emozione delle corse, il vento sul viso.
Non sa di filosofia né di leggi. Ma conosce come nessuno la fiducia, e si affida.
Gesù ci propone un bambino come padre, nel nostro cammino di fede.
E aggiunge: Chi lo accoglie, accoglie me! Fa un passo avanti, enorme e stupefacente: indica il bambino come sua immagine. Dio come un bambino! Accogliere, verbo che genera il mondo nuovo come Dio lo sogna. Il nostro mondo avrà un futuro buono quando l’accoglienza, tema bruciante oggi su tutti i confini d’Europa, sarà il nome nuovo della civiltà; quando accogliere o respingere i disperati, i piccoli, che sia alle frontiere o alla porta di casa mia, sarà considerato accogliere o respingere Dio stesso.
A chi è come loro appartiene il regno di Dio. I bambini non sono più buoni degli adulti, sono anche egocentrici, impulsivi e istintivi, a volte persino spietati, ma sono maestri nell’arte della fiducia e dello stupore. Loro, sì, sanno vivere come i gigli del campo e gli uccelli del cielo, incuriositi da ciò che porta ogni nuovo giorno, pronti al sorriso quando ancora non hanno smesso di asciugarsi le lacrime, perché si fidano totalmente, del Padre e della Madre.
Accogliere Dio come un bambino: è un invito a farsi madri e padri di Dio.
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FESTA DELLA MADONNA DELLE GRAZIE – [Le Foto]
Pubblichiamo alcune foto scattate dalla nostra amica Rosalba Rosati, in occasione della festa della Madonna delle Grazie:
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ISOLA DEL LIRI 19 SETTEMBRE 2018
BENEDIZIONE DELLA CITTA’ DALL’ ALTO DELLA CASCATA NEL CASTELLO BONCOMPAGNI VISCOGLIOSI….!!!!
Diretta di Anita Giovannone
CELEBRAZIONE EUCARISTICA NELLA CAPPELLA DELLA MADONNA DELLE GRAZIE
Celebrazione eucaristica nella Cappella della Madonna delle Grazie nel Castello Boncompagni.
Foto Rosalba Rosati
XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO: ‘Chi sono io per te? Gesù non cerca parole ma persone!!’
Pubblichiamo alcuni scatti della XXIV Domenica del tempo ordinario:
[gallery link="file" size="medium" columns="4" ids="2943,2944,2945,2946"]Echi di Vita N°37 – CHI SONO IO PER TE? GESU’ NON CERCA PAROLE MA PERSONE!
Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. Silenzio, solitudine, preghiera: è un momento carico della più grande inmità per questo piccolo gruppo di uomini.
In quest’ora importante, Gesù pone una domanda decisiva, qualcosa da cui poi dipenderà tutto: fede, scelte, vita… ma voi, chi dite che io sia?
Gesù usa il metodo delle domande per far crescere i suoi amici. Le sue domande sono scintille che accendono qualcosa, che me!ono in moto cammini e crescite.
La domanda inizia con un “ma”, ma voi, una avversava, quasi in opposizione a ciò che dice la gente. Non accontentatevi di una fede “per sento dire”, per tradizione. Ma voi, voi che avete camminato con me per tre anni, voi miei amici, che ho scelto a uno a uno, chi sono io per voi?
E lo chiede lì, dentro il grembo caldo dell’amicizia, sotto la cupola d’oro della preghiera. Una domanda che è il cuore pulsante della fede: chi sono io per te?
Non cerca parole, Gesù, cerca persone; non definizioni di sé, ma coinvolgimenti con sé: che cosa ti è successo quando mi hai incontrato?
Assomiglia alle domande che si fanno gli innamora.
Gesù non ha bisogno della opinione di Pietro per avere informazioni, per sapere se è più bravo dei profe di prima, ma per sapere se Pietro è innamorato, se gli ha aperto il cuore.
Cristo è vivo, solo se è vivo dentro di noi. Il nostro cuore può essere la culla o la tomba di Dio.
Può fare grande o piccolo l’Immenso. Perché l’Infinito è grande o piccolo nella misura in cui tu gli fai spazio in te, gli dài tempo e cuore.
Cristo non è ciò che dico di Lui, ma ciò che vivo di Lui. Cristo non è le mie parole, ma ciò che di Lui arde in me.
In ogni caso, la risposta a quella domanda di Gesù deve contenere, almeno implicitamente, l’aggettivo possessivo “mio”, come Tommaso a Pasqua: Mio Signore e mio Dio.
Un “mio” che non indichi possesso, ma passione; non appropriazione ma appartenenza: mio Signore.
Mio, come lo è il respiro e, senza, non vivrei.
Mio, come lo è il cuore e, senza, non sarei.
Parrocchia di San Lorenzo
Anno XXXV
Numero 37
16 Settembre 2018
Echi di Vita N°36 – LA BELLEZZA DI APRIRSI A DIO E AGLI ALTRI
Portarono a Gesù un sordomuto.
Un uomo imprigionato nel silenzio, che non può comunicare, chiuso. Eppure privilegiato: non ha nessun merito per ciò che gli sta per accadere, ma ha degli amici, una piccola comunità di
gente che gli vuol bene e lo porta davanti a Gesù.
Il sordomuto, icona di ognuno che venga alla fede, racconta così il percorso di guarigione per ogni credente. Allora Gesù lo prese in disparte, lontano dalla folla.
È la prima azione. Io e te soli, sembra dire.
E seguono gesti molto corporei e delicati Gesù pose le dita sugli orecchi del sordo.
Non il braccio o la mano, ma le dita, come l’artista che modella delicatamente il volto che ha plasmato. Come una carezza.
Poi con la saliva toccò la sua lingua. Gesto intimo, coinvolgente: ti dò qualcosa di mio, qualcosa che sta nella bocca dell’uomo, insieme al respiro e alla parola, simboli dello Spirito.
Guardando quindi verso il cielo… gli disse: “Effatà”, cioè: “Apri“.
Apri, come si apre uno scrigno prezioso. Apri agli altri e a Dio, anche con le tue ferite o con i tuoi limiti.
Il primo passo per guarire, è abbandonare le chiusure, le rigidità, i blocchi, aprirsi: “Effatà”.
Uscire dalla solitudine, dove ci pare di essere al sicuro, e che è pericolosa.
E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
Prima gli orecchi. Simbolo eloquente: sa parlare solo chi sa ascoltare. Primo servizio da rendere a Dio e all’uomo è l’ascolto. Senza, non c’è parola vera.
Il dono di un cuore che ascolta! Dono da chiedere sempre. Instancabilmente, per il sordomuto che è in noi: donaci, Signore, un cuore che ascolta. Perché è solo con il cuore che si ascolta,
e da qui, parole profumate di vita e di cielo.
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Echi di Vita N°35 – SVINCOLARSI DA UNA FEDE DAL “CUORE LONTANO” PIEGATA ALL’ESTERIORITA’
Gesù viveva le situazioni di frontiera della vita, incontrava le persone là dov’erano e araversava con loro i territori della mala a e della sofferenza: dove giungeva, in villaggi o città o campagne, gli portavano i mala e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello.
E quanti lo toccavano venivano salvati. Da qui veniva Gesù, portando negli occhi il dolore dei corpi e delle anime, e insieme l’esultanza incontenibile dei guariti.
Ora farisei e scribi lo provocano su delle piccolezze: mani lavate o no, questioni di stoviglie e di oggetti! Si capisce come la replica di Gesù sia decisa e insieme piena di sofferenza: Ipocriti! Voi avete il cuore lontano! Lontano da Dio e dall’uomo.
Il grande pericolo, per i credenti di ogni tempo, è di vivere una religione dal «cuore lontano», fatta di pratiche esteriori, di formule recitate solo con le labbra; di compiacersi delle proprie preghiere, della musica, della bellezza delle cose, ma non soccorrere gli orfani e le vedove, non curare le relazioni.
Il pericolo del cuore di pietra, indurito, del «cuore lontano» da Dio e dai fratelli è quello che Gesù più teme. Il vero peccato per Gesù è innanzituo il rifiuto di partecipare al dolore dell’altro,
e l’ipocrisia di un rapporto solo esteriore con Dio.
Lui propone il ritorno al cuore, per una religione dell’interiorità.
Non c’è nulla fuori dall’uomo che entrando in lui possa renderlo impuro, sono invece le cose che escono dal cuore dell’uomo. Gesù scardina ogni pregiudizio circa il puro e l’impuro, quei pregiudizi
così duri a morire.
Ogni cosa è pura: il cielo, la terra, ogni cibo, il corpo dell’uomo e della donna. Come è scrio: «Dio vide e tuo era cosa buona».
Impariamo a guardare così la realtà e abbiamo cura del nostro cuore: sia capace, sì, di bellezza, ma anche di fraternità e di umanità.
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Echi di Vita N°34 – LA PAROLA DI DIO, PAROLA DI VITA ETERNA
Giovanni mette in scena il resoconto di una crisi drammaca.
Dopo il lungo discorso sul pane dal cielo e sulla sua carne come cibo, Gesù vede profilarsi l’ombra del fallimento: molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui.
E lo motivano chiaramente: questa parola è dura. Chi può ascoltarla? Dura era stata anche per il giovane ricco: vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri. Dure le parole sulla montagna: ama i tuoi nemici, se uno colpisce porgi l’altra guancia.
Ma ciò che Gesù propone non è una nuova morale più o meno ardua, ma una visione ancora più rivoluzionaria, una fede ancor più dura da comprendere e da acceare: io sono il pane di Dio; io trasmetto la vita di Dio; la mia carne dà la vita al mondo.
Nessuno aveva mai detto “io” con questa pretesa, questa autorità.
E poi nessuno aveva mai parlato di Dio così: un Dio che non versa sangue, versa il “suo” sangue; un Dio che va a morire d’amore, che si fa piccolo come un pezzo di pane, si fa cibo per l’uomo.
Ed ecco la svolta del racconto: forse volete andarvene anche voi?
C’è un velo di tristezza in Gesù, consapevole della crisi in atto. Ma c’è anche fierezza e sfida, e soprauo un appello alla libertà di ciascuno: siete liberi, andate o restate, ma scegliete seguendo quello che sente dentro!
Sono chiamato anch’io a scegliere di nuovo, andare o restare. E mi viene in aiuto la stupenda risposta di Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”
Tu solo. Dio solo. Un inizio bellissimo. Non ho altro di meglio. Ed esclude un mondo intero.
Tu solo. Nessun altro c’è su cui poggiare la vita. Tu solo hai parole: Dio parla, il cielo non è vuoto e muto, e la sua parola è efficace e tagliente, spalanca la pietra del sepolcro, vince il gelo, apre strade e nuvole e incontri, apre carezze e incendi.
Tu solo hai parole di vita. Parole che danno vita, la danno ad ogni parte di me. Danno vita al cuore, allargano e purificano il cuore, ne sciolgono la durezza.
Parole di vita eterna, che fanno viva per sempre la vita, che portano in dono l’eternità a tuo ciò che di più bello abbiamo nel cuore.
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